Giuseppe Bonghi

Introduzione
a
LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA
Commedia in tre atti.
(1761)
di
Carlo Goldoni

PRIMA EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 dicembre 1998
EDIZIONE ELETTRONICA di Benedetto di Salle, ubimaior@tin.it
REVISIONE di Catia Righi, catia.righi@risorse.it
TRATTO DA: Goldoni - I capolavori, vol. 4, A cura di Giovanni Antonucci
Grandi tascabili economici Newton, prima edizione, ottobre 1992
EDIZIONE HTML di Giuseppe Bonghi

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PERSONAGGI
dell'altra commedia

Filippo
Giacinta
Leonardo
Vittoria
Ferdinando
Guglielmo
Brigida
Paolino

Nuovi

Sabina, vecchia, zia di Giacinta
Costanza
Rosina, sua nipote
Tognino, giovane sciocco, amante di Rosina
Tita, Servitore di Costanza
Beltrame, Servitor del padre di Tognino
Un altro Servitore di Filippo

La scena si rappresenta a Montenero, luogo di villeggiatura de' Livornesi, poche miglia distante da Livorno.

 

Introduzione

         La commedia venne rappresentata per la prima volta al teatro San Luca di Venezia nella seconda metà di Ottobre 1761 ed è la seconda commedia della trilogia sulla villeggiatura; fu rappresentata per sette sere di seguito (più due nel successivo mese di novembre), ed ebbe un successo sicuramente superiore a quello ottenuto dalle Smanie, la prima commedia della trilogia, che venne rappresentata per tre sere appena, delle quali solo la prima ebbe un buon successo propiziato anche dall’attesa determinata dall’annuncio che ne era stato fatto in teatro la sera del 5 ottobre dall’attrice Caterina Bresciani.
         La commedia piacque di più della precedente per la maggiore ricchezza dell’intreccio e per la vivacità dell’azione non riservata più soltanto ad interni ampi e spaziosi. Scherzi, pettegolezzi, caricature; servi più che mai ciarlieri e maldicenti; Giacinta che domina la scena con la sua passione per il furbo Guglielmo, che sa come si vive nel bel mondo e sa come sfruttare le situazioni favorevoli, simulando e dissimulando; la gelosia di Leonardo che si presenta sempre un po’ ingenuo, scatenata proprio dal comportamento scaltro del rivale Guglielmo; il parassita e scroccone Ferdinando; una caricatura come zia Sabrina (che somiglia molto alla zia Silvestra de Le donne di buon umore): sono questi gli aspetti fondamentali di una commedia che mette al centro non tanto questo o quel personaggio, quanto le avventure che capitano durante la villeggiatura.
         Oggi si tende a rivalutare questa commedia, considerata il testo centrale della triloga della villeggiatura, non tanto per la novità del tema della villeggiatura stessa, che cominciava a prender piede nella società illuministica della seconda metà del Settecento, quanto per il tema dell’amore e per la riuscita rappresentazione del suo storico terziglio, cioè di Giacinta divisa tra due uomini che la desiderano per motivi diversi (uno per amore e l’altro per interesse) e due sentimenti diversi originati proprio dai differenti atteggiamenti caratteriali di Guglielmo e Leonardo: sfrontato il primo, innamorato e impacciato il secondo. Giacinta vive, insomma, un combattimento d’affetto, un misto d’eroismo e di tenerezza ... una donna che sente gli stimoli dell’onore ed è afflitta dalla più crudele passione, che vive ai limiti delle regole di convivenza, sempre sull’orlo di dover rimproverare a se stessa per non aver custodito il cuore come doveva e quindi scusarsi coll’accidente, coll’occasione e colla diletta villeggiatura.
         Guglielmo è la gioia di vivere, il garbo e la misura in tutti gli atteggiamenti, tanto da far dire a Vittoria (sorella di Leonardo e sua promessa sposa): Io non so che naturale sia il vostro. Non si sa mai, se siate disgustato o se siate contento; e solo le circostanze possono obbligarlo a fare uno strappo alla regola: lo faccio perché amore mi costringe a doverlo fare, dirà alla promessa sposa  (scena XIV). Guglielmo è portatore di un modello di vita in cui le apparenze (come lo sfoggio di ricchezza e di una elevata condizione sociale) diventano agli occhi degli altri più importanti della realtà perchè sono il vero ed unico metro di giudizio della gente: ma in quel modello ciò che conta per l’individuo-Guglielmo, e che non deve apparire in pubblico, è l’interesse, la ricchezza;
         Leonardo è l’amore sbagliato, l’abbandono sentimentale, il sentimento caldo e senza reticenze, scoperto e vissuto alla luce del sole, a volte senza garbo e misura, con una gelosia un po’ eccessiva che genera talvolta dolore e quasi sempre tristezza e malinconia.

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Per approfondire

L'autore a chi legge

         L'azione della precedente Commedia è l'andata in campagna. Le difficoltà insorte l'hanno ritardata, e quasi impedita; le difficoltà superate, gli Attori hanno il loro intento, e la Commedia è finita. Guglielmo in essa è un personaggio necessario, poiché è quegli che eccita le gelosie di Leonardo, e dà i movimenti all'azione, ora col ritardo ed ora colla sollecitazione al fine; ma senza una seconda Commedia, il suo carattere freddo e flemmatico lascierebbe qualche cosa a desiderare. Questo personaggio si disviluppa a questa seconda Commedia, e lo stesso carattere freddo e flemmatico produce la principale delle Avventure, cioè l'azione principale di questo secondo dramma.
         Questa continuazione produce qualche altro buon effetto. La baldanza di Giacinta è mortificata. La follia di Filippo è derisa. I pronostici di Fulgenzio verificati. In fine l'abuso delle Villeggiature è provato, e le conseguenze pericolose sono esposte alla vista e al disinganno degli Spettatori. Anche questa Commedia è finita. Non dirò come essa finisce, per non prevenire il Lettore, e togliere a lui il piacere della sospensione; ma si accorgerà egli al fine della lettura, che vi resta qualche cosa a desiderare, e sarà contento, io spero, alla lettura della terza Commedia.
         Tutti gli Attori della prima intervengono in questa seconda, alla riserva di Fulgenzio, di cui per altro si parla, e figurerà nella terza. Oltre gli Attori suddetti, se ne introducono quattro nuovi, i quali tutti contribuiscono a moltiplicar le Avventure della Villeggiatura, e tutti servono all'azion principale. L'unità dell'azione è un precetto indispensabile da osservarsi ne' Drammi, quando l'argomento riguarda un personaggio principalmente. Ma quando il titolo collettivo abbraccia più persone, l'unità stessa si trova nella moltiplicità delle azioni. Di questo genere sono (parlando delle mie commedie) il Teatro Comico, La Bottega del caffè, i Pettegolezzi delle Donne; e precisamente le tre Commedie presenti. Tutti i personaggi agiscono per lo stesso fine, e tutte le loro diverse azioni si riducono a provar l'argomento.

Dai Mémoires, parte seconda.

CAPITOLO XXVIII
Séguito del capitolo precedente

Le avventure della campagna,
tre atti, in prosa.

         La continuazione delle Smanie della campagna la diedi l'anno dopo, ed ha per titolo le avventure della campagna: nella quale, tra le risa e i giuochi e i piaceri sempre vari e sempre costosi, cerco di criticare la pazzia della dissipazione e i pericoli d'una libertà sconfinata.
          In questa seconda commedia intervengono i personaggi della prima, salvo il vecchio Fulgenzio; in più ce ne sono sette di nuovi, e cioè: madama Sabina, vecchia zia di Giacinta; madama Costanza e Rosina sua figlia, vicine di Filippo e di Leonardo; un giovane chiamato Antonietto, figlio del medico del villaggio, che la sua imbecillità fa lo zimbello del paese.
          Nella prima commedia non ho parlato d'un altro personaggio originale e comico che compare anche in quest'altra; è un parassita che va a insinuarsi nelle ville di campagna, ora dagli uni, ora dagli altri: uno di quegli intriganti che si immischiano di tutto, che divertono le compagnie, adulano i padroni e tormentano i domestici.
          Sono i domestici di Filippo, quelli dei suoi ospiti e dei suoi vicini che aprono la scena; Brigida, cameriera di Giacinta, offre una merenda ai compagni, con vini, cioccolata, caffè e biscotti; si parla dei padroni, se ne dice male al solito; e gli altri domestici offrono da colazione a loro volta nelle loro case.
          Nel primo atto non c'è quasi niente di interessante, l'interesse comincia col secondo; compare Giacinta triste, pensierosa, con la cameriera che la interroga sul perché della sua tristezza. Dopo aver resistito un poco alle istanze di Brigida, è costretta a svelare il mistero e le confida il suo imbarazzo, la sua passione e il suo stato.
          Guglielmo, quel giovane così bravo e per bene, per il quale ella nutriva la considerazione che i costumi e la condotta di lui parevano meritare, senza che però mai avesse provato inclinazione o affetto per lui; quel giovane che lei aveva invitato in villa soltanto per vincere le ubbie inquietanti e ridicole di Leonardo; quell'uomo, insomma, con la sua dolcezza, con la sua assiduità, approfittando delle circostanze, del luogo, del tempo, della libertà, ha saputo così bene insinuarsi nel suo cuore che ella arde d'una fiamma che la divora e che la condurrà alla tomba.
          Brigida non si aspettava quanto la padroncina le ha confidato, ne è tanto più stupita in quanto tutti credono Guglielmo innamorato di Vittoria, e, dopo il viaggio che la ragazza e il giovane hanno fatto insieme nella stessa carrozza, tutti sono persuasi che la loro unione è già molto avanti. Giacinta replica che non è altro che un'astuzia di Guglielmo per meglio nascondere i suoi sentimenti. Brigida cerca di rianimare la padroncina, che ancora non è sposa di Leonardo e potrebbe quindi indurre suo padre a contentarla. Giacinta ha dato la sua parola, ha firmato il contratto, è pronta a morire piuttosto che venir meno al suo dovere.
          Nel corso della commedia Giacinta cerca di evitare Guglielmo, ma il giovane che la capisce la segue dappertutto. La signorina lascia la compagnia dopo il pranzo e va sola in un boschetto per piangere in libertà. Guglielmo va a raggiungerla, e approfitta dell'occasione per parlarle in modo decisivo. Le domanda se deve vivere o morire. «Dovete fare il vostro dovere», gli dice Giacinta, «lasciatemi in pace». Il giovane insiste; lei richiama i suoi spiriti in soccorso del cuore e col piglio di una donna irritata «siete venuto meno», gli dice, «alla decenza, alla buona fede, all'ospitalità, avete teso tranelli al mio cuore, e insieme avete abusato della credulità di un'altra per celare i vostri disegni. La sposa di Leonardo non può ascoltarvi oltre, e la signorina Vittoria non deve essere ingannata ».
          Leonardo li sorprende; domanda ragione del loro convegno; Guglielmo si vede compromesso, Giacinta non è senza presenza di spirito. «La signorina Vittoria», dice, «è l'argomento del nostro colloquio; Guglielmo ne è innamorato, aspira alla sua mano, e si rivolge alla promessa sposa del fratello per ottenere il consenso». Il giovane non può ritirarsi senza pericolo; è costretto a confermare le parole di Giacinta; Leonardo non ci crede, è sempre sospettoso, ma ammira Giacinta e promette sua sorella a Guglielmo.
          Poi Leonardo scrive una lettera, la fa copiare da Paolino suo cameriere, con l'ordine di consegnargliela in mezzo alla compagnia, come se fosse una lettera giunta da Livorno. Immagina che suo zio, in pericolo di morte, lo richiami in città; deve partire immediatamente, porta con sé la sorella e il preteso cognato. I rimpianti nascosti, i rotti sospiri, gli sguardi arditi si confondono con i complimenti di chi va e di chi resta. Tutti se ne vanno, salvo Giacinta.
          «Grazie al cielo», dice, «eccomi sola; posso sfogare liberamente la mia passione, le mie lagrime!...». Ma interrompe la declamazione, si avanza e così arringa il pubblico:
          « Signori, l'autore della commedia m'aveva assegnato un monologo da recitare a questo punto, carico di tutto il patetico che la mia situazione comporta. Ho creduto di far bene sopprimendolo, perché la commedia è finita, e se qualcosa rimane da sbrogliare, quello sarà argomento per una terza commedia sullo stesso soggetto che avremo l'onore di presentarvi ».
          Tale dichiarazione mi pareva necessaria per prevenire le lamentele dei rigoristi; tuttavia l'azione principale della commedia è del tutto compiuta.
          Il matrimonio di Leonardo con Giacinta, e quello di Guglielmo con Vittoria non sono lo scopo essenziale del mio lavoro. Volevo far conoscere nella prima commedia la passione smisurata degli italiani per la villeggiatura; con la seconda volevo dimostrare i pericoli della libertà che regna in quelle compagnie. Avevo così fatto il mio dovere, ed ero pronto a comporre una dissertazione per sostenere che le due commedie erano compiute; ma era meglio comporre la terza commedia promessa: la feci immediatamente, e ne farò il riassunto nel capitolo seguente.

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© 2000 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 06 marzo 2000