Giuseppe Bonghi
Introduzione
a
La casa nova
di
Carlo Goldoni
Commedia in tre atti in prosa
Rappresentata per la prima volta in Venezia
il carnovale dellanno 1761
Introduzione
La commedia fu rappresentata per la prima volta l’11 dicembre 1760 al teatro
San Luca con un grande successo, testimoniato dalle undici repliche (tra la fine
dell’autunno e l’inizio del carnevale) che ebbe tanto da far scrivere allo
stesso Goldoni nella prefazione alla
commedia nell’edizione Pasquali del 1767: S’io non avessi composto che
questa sola commedia credo che essa bastato avrebbe a procurarmi quella
reputazione che acquistata mi sono con tante altre … Io non la metto in
paragone con quella degli altri autori, ma colle mie e credo mi sia lecito di
preferirla a molt’altre e di collocarla nel numero delle mie dilette.
La casa nova è indubbiamente un capolavoro, anche se non ragiunge i vertici
delle Baruffe chiozzotte e dei Rusteghi, nel suo mettere in scena
squarci di vita quotidiana, questa volta tratti proprio da una esperienza
goldoniana, vissuta nei mesi autunnali, quando dovette traslocare da Corte San
Zorzi, dove aveva abitato a partire dal 1748, in calle delle Ballotte, e fu
un’esperienza a dir vero indimenticabile, tra falegnami, muratori e pittori,
se lo spinse a rappresentarla in questa commedia scritta prodigiosamente in soli
tre giorni e tre notti.
Il centro della commedia è un trasloco, uno spaccato della piccola borghesia
della Venezia di metà Settecento, disegnato col gusto solito di chi ormai ha
imparato bene a coniugare mondo della realtà e mondo della rappresentazione
teatrale. È una folla che si muove composita, ma mai volgare, all’interno di
una piccola vicenda come ce ne sono tante e che a tutti prima o poi capita di
vivere: dallo sposo un po’ incapace alla sposina tutta boria, da uno zio un
po’ acido rustego e brontolone che potrebbe mettere ordina nella casa del
nipote, che oltretutto ha in casa la sorella con una dote da salvaguardare ma già
perduta, a vicini di casa curiosi di sapere a una servetta un po’ pettegola ma
anche tanto affezionata, fino ai personaggi minori (il cavalier servente, una
macchietta che conferma una volta di più la sua inutilità sul piano sociale;
l’innamorato di Meneghina, anche lui bisognoso ma tanto bravo giovine; il
tappezziere coi suoi operai).
La famiglia di Anzoletto non appartiene alla vecchia borghesia mercantile, ma a
quella che ha abbandonato i traffici dopo aver raggranellato un solido
gruzzoletto per poter vivere in pace la vita, ma non tanti da potersi
abbandonare a spese pazze e sconsiderate. È quindi una borghesia che per
vanità od ambizione è voluta uscire dai suoi confini e che ora vive di
rendita: una ben magra vita, però, perché la rendita è troppo magra rispetto
al dispendioso nuovo tenore, come dimostra anche un proverbio dell’epoca: vita
d’intrada, vita stentada.
Per questo si verifica anche il distacco tra il vecchio zio
(barba in veneziano) Cristofolo,
che è rimasto saldamente legato alla sua professione di commerciante, che in
gioventù ha fatto il salumiere e odora ancora di persutto e di butirro,
e il nipote Anzoletto, borghese che vive di rendita, scialacquando il patrimonio
familiare. I nuovi ricchi hanno tradito proprio lo spirito fondamentale del
mondo veneziano, che è il sentirsi vivere insieme: per risolvere la situazione
bisogna ritornare indietro e recuperare quei valori che si sono persi nel corso
degli anni.
riassunto
La vicenda si svolge tutta in poche ore, dalle ultime di un mattino alle prime
del pomeriggio, ed in queste poche ore precipita ma trova anche la sua logica
conclusione: abbassare le ali e tornare al sano vivere di una volta e al lavoro
quotidiano, sostenuti da un ottimismo che non era solo caratteristica del
commediografo Goldoni, ma di un’intera società e di un intero secolo.
C’è una grande confusione nell'appartamento nuovo affittato da Anzoletto!
Sono già passati due mesi e le stanze ancora non sono a posto, perché ogni
giorno Anzoletto, irresoluto come al solito, disfa la destinazione dei locali a
seconda dei consigli e dei pareri che riceve, aggiungendo spese a spese, sebbene
le sue sostanze siano ridotte ormai al lumicino, Ma tant'è, deve soddisfare i
capricci della moglie Cecilia, piena de boria e pretenziosa superbia, incapace
di vedere e capire la realtà nella quale vive, sposata soltanto da quindici
giorni, ma già capace di mandare in rovina il marito da lei dominato e guidato
in ogni gesto. La casa nuova si annuncia piena di guai, di sussurri, di litigi,
perché la sorella di Anzoletto, Meneghina, non può sopportare la cognata, e
non vuol cedere neppure di un briciolo alla nuova venuta. Soprattutto Meneghina
è immalinconita, perché la finestra della nuova camera si apre verso il
cortile, e ciò le impedisce di continuare il suo amore segreto con Lorenzino
che nella vecchia casa guardava mentre passava sotto la finestra.
Ma il caso vuole che proprio sopra al nuovo appartamento abiti la cugina di
Lorenzino ed è in quella casa Meneghina può incontrarsi con l’innamorato;
per questo supplica la vicina perché le offra un aiuto, mandando a chiamare di
nascosto lo zio Cristofolo. Per le spese pazze di Anzoletto, che ha praticamente
consumato patrimonio paterno, Meneghina non ha un soldo di dote, e purtroppo
Lorenzino solo con i denari della dote potrebbe acquistare una carica pubblica,
e mantenere una famiglia. L'unica soluzione è un incontro col vecchio zio, col
quale Anzoletto è in urto da parecchio tempo per le proprie vanità ed
ambizioni e per la vergogna di aver come parente un mercante. L'incontro é
possibile perché la vicina è una vecchia conoscente di Cristofolo.
Intanto la sorte di Anzoletto precipita. Agli arredi, che sono ancora nella casa
vecchia, vengono posti i sigilli dai creditori; e dalla casa nuova si minaccia
di cacciarlo su due piedi. Grida e svenimenti della sposina; riconoscimento e
pentimento del suo modo di vivere, proposito di umiliarsi allo zio, anche se
questi da giovane ha fatto il bottegaio, e ancora odora di persutto e butirro
(prosciutto e burro).
Il barba (zio) Cristofolo vorrebbe fare il rustego, il duro; ma si
commuove e concede la dote alla nipote e i mezzi a Lorenzino per comprarsi una
carica. E quando la novizza (sposina) Cecilia si getta ai suoi piedi, e chiede
perdono, vorrebbe sì sfogarsi, e fare un finimondo; ma s'acquieta, si
intenerisce, e rimedia anche ai guai di Anzoletto, purché sia messa da parte la
casa nuova, e gli sposi accettino di trasferirsi nella sua casa per risparmiare
le spese. Civiltà, pulizia, sior sì, ma con modestia.
Per approfondire
Carlo Goldoni: dalla Parte Seconda, Cap. XLI delle " Memorie "
Una commedia che ebbe una riuscita migliore di quella che io mi aspettava, fu la
Casa nova, commedia veneziana. Avevo mutato casa, e siccome andava sempre
in cerca di argomenti comici per ogni parte, ne trovai uno negli impicci della
sgomberatura. Non trassi il soggetto della mia commedia da me stesso in
particolare, ma l'occasione mi somministrò il titolo, e la fantasia fece il
resto.
Si apre pertanto la scena con alcuni tappezzieri, pittori e legnaiuoli, che
tutti lavorano nell'appartamento. Una donna di servizio dei nuovi locatari
sgrida, per ordine de' suoi padroni, gli operai perchè ritardano il loro
lavoro, e tien con loro un discorso come appunto avrei tenuto io stesso ai
medesimi, le cui cattive ragioni sono a un dipresso quelle stesse che avevano
stancato la mia pazienza per due continui mesi. Lucietta, ch'era una ciarliera
quanto mai dir si possa, dopo di aver adempiuto la sua commissione, sta
divertendosi col tappezziere, facendo al vivo il ritratto del suo principale e
delle sue padrone; in tal guisa resta il pubblico piacevolmente informato
dell'argomento della commedia, come dei caratteri dei personaggi. Anzoletto, ch'è
il nuovo casigliano, è un giovane di buonissima famiglia, senza padre e madre,
che ha una sorella ragazza che sta con lui, ha beni, ma trovasi in gran
disordine, avendo sposato di recente una ragazza senza fortuna con molta
pretensione e civetteria. Meneghina, sorella di Anzoletto, ha un amante chiamato
Lorenzin. Questi abita appunto dirimpetto alla casa ch'ella è per lasciare,
onde sono ambedue nel dispiacere di dover allontanarsi. Lorenzin però per esser
cugino germano di due sorelle dalle quali è occupato il secondo piano, non
perde la speranza di rivedere la sua bella. Intanto la signora Cecilia, ch'è la
maritata, e che aveva scelto il primo appartamento, ci comparisce con un conte
forestiere che sostiene con lei l'onorevole carica di cicisbeo. Meneghina
l'aveva preceduta, ed era molto malcontenta della camera che le era stata
destinata. In Italia gli ultimi che arrivano sono i primi a ricever visita; per
tal ragione adunque le due sorelle del secondo piano domandano il permesso di
far visita a quelle del primo, ed ecco queste nel maggior imbroglio; vorrebbe
ognuna ricever la visita particolarmente, ed oltre a ciò, siccome
l'appartamento che abitano non è per anche in ordine, fanno dire che non v'è
nessuno, e la visita passa per fatta.
La signorina però di sotto non ha altra premura maggiore che di far visita alle
sue parenti di sopra, onde ci va senza farne parola alcuna alla cognata. Ella
dunque vien benissimo accolta, seguono molte cerimonie sì da una parte che
dall'altra, tutte sono illustrissime, nè vi è miseria di titoli. Le due
sorelle del secondo piano, la prima delle quali era maritata, conoscevano già
chiaramente l'inclinazione del loro cugino per Meneghina. Quando essa fecesi
annunziare, Lorenzin appunto era da loro, onde lo nascosero in uno stanzino per
procurarsi il piacere di una gradevole sorpresa. Nel momento ch'elleno sono
decise a far venire il giovine, si dà avviso che la signora Cecilia sale:
Lorenzin adunque resta sempre nel suo nascondiglio; e Meneghina seguita a non
saperlo. Qui Cecilia sgrida la sua cognata perchè è salita da quelle signore
senza avvertirla: ma Meneghina, che ha già fatto la sua visita, in quell'atto
stesso se ne va.
La conversazione pertanto delle tre signore che rimangono, riesce molto comica.
Vi si trova infatti un miscuglio di superbia e di picciolezza, un'infinità di
pretensioni e di ciarle, e sopratutto dell'indiscretezza per parte di Cecilia
riguardo alla sua cognata. Le due sorelle se ne prendono giuoco, e domandano a
lei la ragione per la quale Anzoletto non dia marito a Meneghina. Cecilia,
sempre pronta a dirne più male che bene, risponde ch'essa aveva un amante
dirimpetto alle finestre della casa da lei ultimamente lasciata, e che questi
era un cattivo soggetto, dicendone financo il nome. Le due sorelle allora
prendono le difese del cugino: la conversazione termina male, ecco tutti in
iscompiglio; Lorenzin, poichè aveva ascoltato tutto, vuole assolutamente
sfogare la sua collera col marito di Cecilia. Vi è però per Anzoletto di
peggio. Il proprietario della casa vecchia ha messo il sequestro ai mobili di
lui per motivo di pigioni insoddisfatte, e i provveditori della nuova minacciano
di far lo stesso. Anzoletto pertanto si ritrova nel maggior impiccio, e ricorre
al conte da cui vorrebbe in prestito del danaro; ma il cicisbeo della moglie non
è troppo cortese verso il marito. Mentre tutto è scompiglio nel primo
appartamento, si tratta con ogni premura nel secondo dell'accomodamento delle
cose. Anzoletto ha uno zio molto ricco, ma disgustatissimo della condotta di suo
nipote. Questo zio, che si chiama il signor Cristoforo, è un vecchio amico del
marito della sorella maggiore che abita il secondo dell'appartamento; ella
dunque lo manda a cercare, e gli partecipa l'inclinazione di Lorenzin verso la
signora Meneghina. Cristoforo è un poco selvatico, ma di buon cuore, ama la sua
nipote e acconsente benissimo a maritarla; onde alle istanze della moglie del
suo amico si piega in favore di Anzoletto. Paga i debiti di lui, si rappacifica
col nipote, ma a condizione che tanto egli quanto sua moglie cambino modo di
vivere. Ecco il germe del Burbero benefico. La Casa nova fu ricevuta con
l'estremo piacere; chiuse le rappresentazioni autunnali, si è sempre sostenuta
nella classe di quelle composizioni che hanno un costante incontro, che sul
teatro compariscono sempre nuove.
L’autore a chi legge
S'io non avessi composto che questa sola Commedia credo che essa bastato avrebbe
a procurarmi quella riputazione che acquistata mi sono con tante altre.
Leggendola e rileggendola, mi pare di non avere in essa niente a rimproverarmi,
ed oserei proporla altrui per modello, se lusingar mi potessi che le opere mie
fossero degne d'imitazione.
L'esposizione è facile, la condotta è semplice, la critica è vera,
l'interesse è vivo, e la morale è ragionevole, e non pedantesca. I caratteri
sono tutti presi dalla natura. Il dialogo pure non lo può essere d'avantaggio.
La favola è verisimile in tutte le parti, e quantunque vi appaia un doppio
interesse, l'azione è una sola, poiché una sola persona, cioè Cristofolo, ne
forma lo scioglimento. Non istupire, Lettor carissimo, s'io faccio l'elogio
della mia Commedia. Io non la metto in paragone con quelle degli altri Autori,
ma colle mie, e credo mi sia lecito di preferirla a molt'altre, e di collocarla
nel numero delle mie dilette. Il pubblico mi rese questa giustizia, allora
quando fu sulle Scene rappresentata, e fu, in Venezia non solo, ma per tutto,
con egual fortuna applaudita.
PERSONAGGI
ANZOLETTO, cittadino
CECILIA, moglie d'Anzoletto
MENEGHINA, sorella d'Anzoletto
CHECCA, cittadina maritata
ROSINA, sorella nubile di Checca
LORENZINO, cittadino, cugino di Checca
CRISTOFOLO, zio di Anzoletto
Il CONTE, forestiere servente di Cecilia
FABRIZIO, forestiere amico di Anzoletto
LUCIETTA, cameriera di Rosina
SGUALDO, tappezziere
PROSDOCIMO, agente
FABBRI
FALEGNAMI
PITTORI
FACCHINI
SERVITORI
La scena si rappresenta in Venezia in casa di Anzoletto e in casa di Checca, che
abita al secondo piano
Il testo è tratto da:
Carlo Goldoni, Commedie scelte con i giudizi degli autori intorno alle commedie
stesse, Classici italiani, Novissima Biblioteca diretta da Ferdinando Martini,
serie I, volume XIV, Istituto editoriale italiano, Milano s.d. ma dei primi anni
del Novecento.
© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 29 gennaio 2000