Giuseppe Bonghi
Introduzione
a
La serva amorosa
di
Carlo Goldoni
Commedia di tre atti
in prosa, rappresentata per la prima volta al Teatro Formagliari di Bologna dalla
compagnia Medebac nel maggio dell'anno 1752, che Goldoni scrisse quasi certamente a
Bologna nel palazzo del Marchese Albergati Capacelli, anch'egli autore teatrale, ma
soprattutto personaggio fra i più fedeli amici del Nostro commediografo. Nel mese di
ottobre fu ripresa a Venezia, con lo stesso grande successo: protagonista fu l'attrice
Maddalena Marliani Raffi, che aveva preso il posto per l'occasione della Teodora Medebach
proprio la Marliani l'anno dopo sarà la prima interprete di Mirandolina.
Il gusto melodrammatico e il personaggio
di Corallina, una servetta che agisce al di sopra dei propri mezzi culturali anche se
indubbio è il pensiero che non occorre essere nobili per provare un nobile sentire. Oggi
il personaggio ci sembra chiaramente abbastanza naturale, ma nel Settecento il contrasto
fra la "parona" Beatrice, seconda moglie di un ottuso Ottavio e Corallina è
evidentemente stridente, tanto più che la prima fa una brutta fine perché viene cacciata
di casa non senxa che la servetta Corallina abbia pregato il suo paron a concedere alla
moglie e al figlio un appannaggio che potesse permettere loro di vivere decorosamente.
Corallina abbandona la casa di Ottavio
quando il figlio di questi, Florindo, è costretto ad andare via da casa dopo le liti
frequenti e talvolta violente, tanto che una conciliazione tra i due sarebbe stata
impossibile. Nella loro abitazione vivono come "serva" e padrone sotto il
medesimo tetto tra i pettegolezzi della gente che pensa chissà quali pensieri nascosti
agitino la mente di Corallina che nella fantasia della gente aspira ormai a sposare il
padroncino, che ha la sua stessa età ed è perfino "suo fratello di latte",
avendo la madre di Corallina allattato entrambi.
Ma la moralità di Corallina è limpida e
forte, e colla sua intelligenza e il suo saper fare, quando ormai ha impegnato tutti i
suoi scarsi beni, usati per dar da mangiare qualcosa di caldo al padroncino, che riceveva
dal padre uno scarsissimo appannaggio, riesce a sventare le macchinazioni della matrigna
di Florindo, a far sposare lo stesso Florindo con Rosaura figlia di Pantalone e a sposarsi
lei stessa, colla benedizione di tutti e una buona dote datale da Pantalone ed Ottavio,
con Brighella, servitore di Pantalone.
È sulla sua scia che nascerà il
personaggio di Mirandolina.
Leggiamo la lettera che Goldoni scrive a Francesco Albergati su questa commedia.
A sua Eccellenza il signor Marchese Senatore Francesco Albergati Capacelli
Questa mia Commedia, che ha per titolo La Serva Amorosa, ricorre alla protezione benignissima di V.E. perché nulla le manchi per essere fortunata.
Ella fu da me concepita l'anno scorso in Bologna; costì la scrissi, costì comparve per la prima volta alla luce, e in Paese sì colto, in un Teatro ripieno d'Uomini dotti, di Dame perspicacissime e di Cavalieri eruditi, fu acclamata, la poverella, con estremo giubbilo del proprio Autore, e fu con istrano modo, per le pubbliche acclamazioni, da' Comici ripetuta.
Comecché conosco me stesso, e della insufficienza mia sono a ragion persuaso, parmi, rileggendo tale Commedia, aver fatto qualche cosa di più di quello può promettermi ordinariamente il mio scarso talento. Pensai talora fra me medesimo che il clima felicissimo di Bologna, atto a rischiarare le menti degli Uomini più che ogni altro, in me medesimo fatto avesse un prodigio, fondando io la ragione sulla copia maravigliosa de' talenti felici che costì regnano, li quali fanno risplendere cotesta illustre Città sopra tutte le altre, e giustamente le serbano lo specioso titolo di Madre delle Scienze. Senza però ricorrere alle costellazioni, delle quali non abbiamo niente di certo, trovo più da vicino la causa di qualche miglior lume acquistato. La conversazione degli Uomini dotti val più d'ogni studio; da essi apprendesi con facilità ciò che dai libri a forza di sudori si acquista, né passò giorno di mia dimora costì, in cui la società di cotesti grand'Uomini non mi arricchisse di nuovi lumi, e non isgombrasse dal mio intelletto qualche ombra di pregiudizio. Il maggior profitto, però, che io abbia fatto costì, lo riconosco dall'amabilissima compagnia di V. E., poiché degnandosi Ella di seco volermi frequentemente, e in Città, e in Villa, e a tavola seco, e seco nelle conversazioni, dal modo suo di pensare, e dai ragionamenti suoi, ho concepita l'idea del vero Cavaliere dotto, prudente, affabile e generoso, nemico della vanità e dell'alterigia. Sembra quasi impossibile, che nell'età di cinque lustri appena vaglia un Uomo solo ad unire dentro di se medesimo tanta erudizione, tanta dottrina; eppure l'E. V. in una sì verde etade, in mezzo a tanti Uomini illustri prodigiosamente risplende. Ella agli studi più seri, sotto l'infallibile scorta del celeberrimo Francesco Zanotti, unì felicemente gli studi più dilettevoli. Possedendo, oltre alla Latina e alla più perfetta Toscana la favella Tedesca, l'Inglese, la Francese e la Spagnuola, scrivendole e traducendole egregiamente, conosce di tutte il buono, e può agevolmente condursi all'ottimo. Con quanti ho io ragionato delle materie Teatrali, niuno ritrovai più esattamente informato di V. E. delle regole, de' costumi, della cognizion degli Autori, e sulle Opere di loro Giudice più veridico non ho di Lei conosciuto. Aggiungesi in Lei alle cognizioni collo studio acquistate, un genio Teatrale comune alla maggior parte de' valorosissimi Bolognesi, ma in Lei più vivace, più sorprendente; genio veramente maestro, a cui se accoppiata si fosse quella necessità che muove agli Autori la mano, tutti cederebbono a Lei la palma.
Ma a cose molto maggiori è destinato da Dio un Cavaliere sì grande, d'una delle più antiche, delle più illustri Famiglie d'ltalia, a cui le Sacre Romane Porpore, le Parentele e gli Onori hanno in ogni secolo i fregi moltiplicati; un Cavaliere, che dal materno lato non meno che dal paterno, una lunga serie d'Eroi conta gloriosamente per Avi; e siami qui permesso riflettere e ragionare, che se dal sangue e dalla educazione formansi il temperamento ed i costumi dell'Uomo, non potea l'E. V. meno perfettamente riuscire dal sangue nutrito di una sì eccelsa Dama, e dalla savissima sua educazione perfezionato. Tre mesi, che soggiornai l'anno scorso in Bologna, formarono i più felici giorni della mia vita. Godere, oltre la di Lei protezione, anche la deliziosissima Sua compagnia, è un bene che non ha pari, è un bene di cui la rimembranza, che ho nel cuore stampata, mi serve tuttavia di conforto. Vuole il mio lestino che io Le viva lontano, ma col cuore umile e rispettoso Le tengo dietro per tutto, ed ora in luogo mio questa Commedia, che teneramente amo, all'E. V. indirizzo, raccomando ed umilmente offerisco.
Nata sotto gli auspici Suoi è a Lei giustamente dovuta, poiché fra le infinite Virtù che l'adornano, trionfa mirabilmente il di Lei cuore amoroso. Questo mi fa sperare un generoso perdono all'audace mia presunzione, la quale è certamente congiunta a quel profondo rispetto, con cui mi onoro di rassegnarmi
Di V. E.
Umiliss. Divotiss. e Obbligatiss. Serv. CARLO GOLDONI
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Nota: Il riferimento in questa lettera è a S. E. la Sig. Marchesa Donna Eleonora Bentivoglio d'Aragona Albergati, Ferrarese.
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Così presenta Goldoni la sua Commedia nelle Memorie:
Durante i giorni di
riposo, nella novena di Natale, capitò un'avventura felicissima per Medebac e gradevole
anche per me.
Il Brighella della compagnia, Marliani,
era ammogliato; sua moglie, che era stata ballerina di corda come lui, era una giovane
veneziana, assai bellina e piacente, piena di spirito e di talento, con felici
disposizioni per la commedia; aveva abbandonato il marito per giovanili scapataggini. In
capo a tre anni tornò con lui, e si prese le parti di servetta, con nome di Corallina,
nella compagnia di Medebac.
Era gentile, faceva le parti di servetta; non
lasciai di interessarmi a lei, ne presi cura e composi una commedia per il suo debutto.
La signora Medebac mi forniva idee
interessanti, patetiche o d'una comicità semplice e innocente; e la signora Marliani,
vivace, spiritosa e naturalmente scaltra, mi stimolava felicemente l'immaginazione, e mi
incoraggiava a lavorare in quel genere di commedie che richiedono finezza e artificio.
Cominciai con La serva amorosa, cioè in
francese la Suivante généreuse, perché l'aggettivo amoroso in italiano si
applica sia all'amicizia che all'amore.
Corallina, giovane vedova ed ex-domestica di
Ottavio, vecchio negoziante veneziano, è legata d'amicizia disinteressata a Florindo,
figlio di primo letto del suo ex-padrone: lo accoglie in casa, e assiste con ogni cura
l'infelice giovane, scacciato dalla casa paterna dalla malignità d'una matrigna avida e
barbara. Non basta: Florindo è innamorato di Rosaura, figlia unica di Pantalone: sa che
la ragazza risponde al suo sentimento, ma la durezza del padre non gli permette di
sposarsi, e d'altra parte crede di essere obbligato dalla riconoscenza a sposar Corallina.
Quella donna virtuosa comincia a persuaderlo che per lei non è un'offesa se lui ne sposa
un'altra; poi tanto fa che convince Pantalone ad accordare la figliuola a Florindo, a
patto che questi torni in casa del padre.
Si trattava di conquistare la fiducia di
Ottavio e di annientare le calunnie e gli artifici d'una donna maligna e amata. Col suo
spirito Corallina ci riesce: Ottavio è convinto della falsità della consorte, riconosce
l'innocenza del figlio e stende in suo favore il testamento che stava ideando.
La commedia incontrò moltissimo; Corallina fu
applauditissima, ma immediatamente divenne una temibile rivale per la signora Medebac.
L'AUTORE A CHI LEGGE
Questa Commedia mia fortunatissima ebbe il suo concepimento ed il suo natale in Bologna, ove rappresentatasi la penultima sera delle loro recite da que' Comici, pe' quali io l'aveva scritta, fu da quella fioritissima Udienza con alte voci per la susseguente sera richiesta. Confesso il vero: non mi attendeva un esito così felice. Sapeva io dentro di me medesimo, che una estraordinaria attenzione aveva intorno di essa praticata, e che il carattere di Corallina potea far colpo; ma lettala per prima prova a' Comici, l'applaudirono così poco, che quasi anch'io mi sarei determinato a sprezzarla. Ciò vuol dire che ho diffidato sempre di me medesimo, e ho preferito sempre alla mia opinione il giudizio degli altri. Compresi per altro in tale occasione, che mal mi fidava di cotai Giudici, e non esser vero che la Commedia, per piacere al popolo, abbia sempre da piacere a' Comici, li quali non fondando il loro criterio che sulla pratica, non giungono a ravvisar perfettamente la delicatezza de' caratteri e della condotta, le quali cose si rilevano dagli Uditori. Non nego che molto non abbia contribuito all'ottima riuscita di tal Commedia il merito personale di quell'eccellente Attrice , che sostenne mirabilmente il personaggio di Corallina*; ma appunto conoscendo io dove potea fare maggior risalto la di lei abilità, ho procurato vestirla d'una prontezza di spirito, che a lei suol essere familiare, e mi è riuscito l'effetto a misura dell'intenzione. Non ostante che la mia Serva Amorosa abbia avuto sì bell'incontro a Bologna, a Milano, e a Venezia, non manca a lei la sua critica.
Dicesi che Corallina parla più che da Serva, ed opera con troppo ingegno e con troppo fina condotta. Ciò è vero, se tutte le Serve hanno ad essere quelle sciocche, che tali Critici avranno praticato sol tanto; ma io ne ho conosciute delle bene educate, delle pronte di spirito, capaci de' più difficili, de' più delicati maneggi. Io non imbarazzo questa mia Serva in cose superiori al femminile talento: ella è una femmina più accorta di molte altre, siccome lo è effettivamente l'Attrice medesima, che ha tal carattere rappresentato. È osservabile in questa Commedia il carattere della Matrigna, che per far la fortuna di un suo Figliuolo cerca rovinare il Figliastro, ed è non meno essenziale il personaggio di Ottavio, acciecato dalle lusinghe della seconda Moglie a segno di abbandonare il proprio Figlio, sagrificandolo alla tirannide di una Donna mal cor,osciuta. Corallina ha il merito di disingannare il buon Vecchio, di svelare le mali arti della Matrigna, e di restituire allo stato suo il povero sventurato Florindo, onde le se adatta mira, bilmente il titolo di amorosa.
Nell'atto di pubblicare questo secondo Tomo, mi giugne una lettera dell'ornatissimo Signor Anton-Maria Borga, Bergamasco, Prevosto di Leprenno, noto alla Repubblica litteraria pe 'l suo sapere, e per la dotta non meno che leggiadrissima Poesia, della quale ha dato saggi mirabili in purgatissimo stile.
In questa lettera ei mi richiede cosa, alla quale può rispondere questa Commedia medesima ed io credo mi sia lecito di qui pubblicarla, per onor mio, consolandomi di aver preveduto ciò ch'era passato per mente ad un Uomo sì illuminato. Segnerò con carattere diverso quelle cose che in questa lettera toccano i punti principali da lui proposti, e che s'incontrano per avventura con quel ch'io aveva in questa Commedia eseguito. Eranvi nella lettera stessa alcuni versi inclusi bizzarramente, che io dovrei nascondere per modestia, ma che stimo meglio di pubblicare per darne lode all'Autore.
Questa la lettera inviatagli da Anton Maria Borga:
Sig. Goldoni carissimo
Dunque ella va a Parigi? N'ho rammarico, poiché forse non avrò il piacere di vederla una volta costì: ne ho gusto, perché io penso che quella gita debba riescire di suo vantaggio.
In somma io, Sig. Goldoni, ho una perfettissima stima del suo valore nell'arte Comica.
Penso che i Parigini col Voltaire faranno giustizia al suo merito. Certa cosa è, che in questo Mondo la vuol esser fortuna. Io le auguro dal Cielo vita, fama e baiocchi, secondo il merito suo, e in Italia, e in Francia, e per ogni dove. Se io, come è probabile, non verrò a Vinegia prima ch'ella abbandoni l'ltalia, mi giova sperare ch'ella vorrà onorarmi di quando in quando colle sue Lettere, e costì, e a Parigi. E così sia.
Odo ch'Ella faccia fare una ristampa di tutte le Opere sue. È egli poi vero? Se così è, io certamente vorrò provvedermene; e collocare i suoi Tomi tra i miei libri più cari. Ho già raccomandato agli Stampatori di Bergamo ad avvisarmi.
Mi dà ella, Sig. Goldoni, licenza che io le suggerisca un argomento per una Commedia?
Il quale argomento a me pare che non sia stato finora trattato, o veramente maneggiato con quella varietà, dottrina e costume, che richiede un'utile, sana e ben condotta Commedia? La Matrigna. Questo si è l'Argomento. Ma che un tale argomento sarà stato forse da Lei trattato, prima che io pur ci pensassi. In tal caso, a monte le già scritte cinque o sei righe.
Per altro ella si è una grande pazzia di un Padre, che passa alle seconde nozze; si è grande la ingiustizia e la crudeltà di quelle Matrigne, che odiano e maltrattano i figliuoli del loro Marito; e vogliono tutto il lor bene talora ad un marmocchio scimunito, per essere quegli uscito dal ventre loro: e grandissima iniquità finalmente si è quella di certi figliuoli, che disprezzano, svillaneggiano, e sovente minacciano la mogliera del Padre loro.
Non è poi da discorrere della babbuassagine, per non dire bricconerìa e crudeltà di quei Padri, che per non contradire alla seconda, o terza lor Moglie, quanto bella e giovane, altrettanto malvagia e fiera, arrivano spesse volte a perseguitare gl'innocenti lor primi figliuoli in modo, che tratti alle volte i meschinelli dalla disperazione, abbandonano la propria Casa. È poi cosa veramente da ridere il vedere un uomo qua e là menato pel naso come un buffalo da una giovine e bella Moglie; e alle volte ancora da una vecchia, grinza e mal composta Beffana. Ma oimè: io ho predicato ad un Dottore, e ad un Dottore Goldoni. Mi compatisca. Ho scritto in fretta, e forse alla peggio. Mi do l'onore di sempre essere
Umiliss. Devotiss. e obbligatiss. Serv. ANTON-MARIA BORGA
Di Leprenno, li 17 dell'Anno 1762.
ENDECASILLABI di ANTON-MARIA BORGA
Goldoni egregio, che in finte Scene
La bella imiti natura semplice,
E affetti varii d'amor, di riso,
Di pianto e d'ira, di pace e d'odio,
Ne' cuor magnanimi, ne' cuor gentili,
Con dolce forza talor fai nascere:
E in dotte Favole qual sia dimostri
Il bel sentiero d'acquistar gloria:
Questi miei candidi, questi sì puri,
Sinceri e lieti Endecasillabi
Accogli, e serbali nel cuor gentile,
E dal tuo seno giammai non partano.
Te dell'italico Socco le Muse,
Te il biondo chiama canoro Apolline
Del Socco Italico Maestro e Padre.
Per te famosa n'andrà l'Italia,
La ricca Italia, d'Eroi, di Vati
Madre e nudrice, per lustri e secoli
Al par di Grecia, della sì chiara,
Sì nota al Mondo superba Grecia.
Per te la libera, l'antica e forte
Vinegia, l'alta, la vaga ed inclita
Città dell'Adria, del Mar Reina,
Non cede il vanto alla di Popolo
Piena, alla florida, nobil Parigi
Che il Molier ebbe, quel felicissimo
Molier, sì celebre, sì chiaro al Mondo,
Poiché felice, poiché ammirabile
Nell'arte Comica non men tu sei,
Goldoni amato, che affetti vari
Ne' cuor magnanimi, ne' cuor gentili,
Con dolce forza talor fai nascere;
E in dotte Favole qual sia dimostri
Il bel sentiero d'acquistar gloria.
PERSONAGGI della Commedia
OTTAVIO mercante in età avanzata
BEATRICE sua seconda moglie.
FLORINDO figlio d'Ottavio del primo letto.
LELIO figlio di Beatrice d'altro matrimonio.
ROSAURA figlia di Pantalone
PANTALONE de' BISOGNOSI mercante ricco veneziano.
CORALLINA vedova; serva nata ed allevata in casa d'Ottavio.
BRIGHELLA servitore di Pantalone.
ARLECCHINO servitore di Ottavio.
Ser AGAPITO notaro.
Un SERVITOR di Ottavio, che parla.
Altro Servitor del Notaro, che non parla.
Testimoni, che non parlano.
La Scena si rappresenta in Verona.
© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 26 novembre 1999