Giuseppe Bonghi

Introduzione
a
La Bottega del caffè
di
Carlo Goldoni

        La Commedia fu ideata e composta a Mantova nell'aprile del 1750 dove fu rappresentata per la prima volta il 2   maggio dello stesso anno, quindi fuori dalla canonica stagione che andava da ottobre a marzo e si concludeva col carnevale, riscuotendo un grande successo, come avverrà anche a Milano e successivamente, tra l'autunno del '50 e il carnevale dell'anno seguente a Venezia, al Teatro Sant'Angelo, dove ebbe dodici repliche. La versione rappresentata era in dialetto veneziana, ma per la prima edizione venne tradotta, quella del tipografo Paperini di Firenze, venne tradotta in "italiano", vennero abolite le maschere i nomi Brighella ed Arlecchino diventarono rispettivamente Ridolfo e Trappola.
      La commedia, che deriva da una prima prova abbozzata già nel 1736, intitolata La bottega da caffè, e rappresentata con un intermezzo forse musicato da Vivaldi, fa parte del famoso gruppo di sedici Commedie promesse al Medebach; di essa così il Goldoni nelle sue Memorie:

        ... Presi La Bottega da caffè dalla classe della cittadinanza. Il luogo della scena, che mai non varia, merita qualche attenzione. Egli è una piazzetta della città di Venezia, in cui si vedono tre botteghe in faccia: Quella di mezzo è una bottega da caffè; quella che le sta a dritta è bottega da perrucchiere; e l'altra è d'un biscazziere. Da una parte evvi fra due strade una picciola casa abitata da una Ballerina, e dall'altra una Locanda. Ecco un'unità di luogo esattissima. I rigoristi questa volta saranno di me contenti; ma lo saranno essi pure dell'azione? Non diranno essi forse che il soggetto di questa Commedia è complicato, e che l'interesse è diviso?
        A quelli che facessero tali discorsi potrei rispondere, ch'io nel titolo di questa Commedia non presento un'istoria, una passione, un carattere, ma una bottega da caffè, in cui si fanno molte azioni ad un tempo, e laddove molte persone son portate da varj interessi; e se ho la fortuna di stabilire un rapporto essenziale fra questi differenti oggetti e di renderli necessarj l'uno all'altro, credo d'aver adempito ai miei doveri, sormontando ancora maggiori difficoltà.
        Converrebbe leggere l'intiera Commedia per giudicarne: vi sono altrettanti caratteri, che personaggi. Quelle che fanno maggior figura sono due persone unite in matrimonio, delle quali il marito è posto sulla cattiva strada, e la moglie è virtuosa e paziente. Il padrone della bottega da caffè, uomo onesto, pronto a render servizio, ed officioso s'interessa per l'unione di questo matrimonio infelice, e perviene a corregger l'uno ed a rendere l'altra fortunata e contenta. Evvi un maldicente parabolano, molto comico ed originale, che mostrasi appunto per uno di quei flagelli dell'umanità soliti ad inquietar tutti, e che annojando quanti venivano alla bottega da caffè, luogo della scena, inquietava soprattutto i due amici del caffettiere. Il maligno è punito; poichè scoprendo per ischerzo i monopolj del tristo biscazziere che teneva giuoco accanto al caffè, questo sciagurato è fatto prigioniere, ed il ciarlone maledico è vilipeso e scacciato dalla bottega qual delatore.
        Questa Commedia ebbe un incontro fortunatissimo: l'unione ed il contrasto de' caratteri non poteva mancar di piacere; e quello del maldicente era applicato a molte persone già note. Una fra le altre se la prese molto contro di me, fui minacciato, e parlavasi di stoccate, di coltellate e di pistolettate; ma curiosi forse di veder sedici Commedie nuove in un anno, mi diedero il tempo di terminarle.

(da Carlo Goldoni,Memorie, per Nicolò Zanon Bettoni, Padova 1831, vol. I, cap. LX, pagg. 263/264)

 

L'AUTORE A CHI LEGGE

        Quando composi da prima la presente Commedia, lo feci col Brighella e coll'Arlecchino, ed ebbe, a dir vero, felicissimo incontro per ogni parte. Ciò non ostante, dandola io alle stampe, ho creduto meglio servire il Pubblico, rendendola più universale, cambiando in essa non solamente in toscano i due Personaggi suddetti, ma tre altri ancora, che col dialetto veneziano parlavano. Corse in Firenze una Commedia con simil titolo e con vari accidenti a questa simili, perché da questa copiati. Un amico mio di talento e di spirito fece prova di sua memoria; ma avendola uno o due volte sole veduta rappresentare in Milano, molte cose da lui inventate dovette per necessità framischiarvi. Donata ho all'amicizia la burla, ed ho lodato l'ingegno; nulladimeno, né voglio arrogarmi il buono che non è mio, né voglio che passi per mia qualche cosa che mi dispiace.
        Ho voluto pertanto informare il Pubblico di un simil fatto, perché confrontandosi la mia, che ora io stampo, con quella dell'amico suddetto, sia palese la verità, e ciascheduno profitti della sua porzione di lode, e della sua porzione di biasimo si contenti.
        Questa Commedia ha caratteri tanto universali, che in ogni luogo ove fu ella rappresentata, credevasi fatta sul conio degli originali riconosciuti. Il Maldicente fra gli altri trovò il suo prototipo da per tutto, e mi convenne soffrir talora, benché innocente, la taccia d'averlo maliziosamente copiato. No certamente, non son capace di farlo. I miei caratteri sono umani, sono verisimili, e forse veri, ma io li traggo dalla turba universale degli uomini, e vuole il caso che alcuno in essi si riconosca. Quando ciò accade, non è mia colpa che il carattere tristo a quel vizioso somigli; ma colpa è del vizioso, che dal carattere ch'io dipingo, trovasi per sua sventura attaccato.

PERSONAGGI

Ridolfo: caffettiere
Don Marzio: gentiluomo napolitano
Eugenio: mercante
Flaminio: sotto nome di Conte Leandro
Placida: moglie di Flaminio, in abito di pellegrina
Vittoria: moglie di Eugenio
Lisaura: ballerina
Pandolfo: biscazziere
Trappola: garzone di Ridolfo
Un garzone del parrucchiere, che parla
Altro garzone del caffettiere, che parla
Un cameriere di locanda, che parla
Capitano di birri, che parla
Birri, che non parlano
Altri camerieri di locanda, che non parlano
Altri garzoni della bottega di caffè, che non parlano

        La scena stabile rappresenta una piazzetta in Venezia, ovvero una strada alquanto spaziosa con tre botteghe: quella di mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia biscazza; e sopra le tre botteghe suddette si vedono alcuni stanzini praticabili appartenenti alla bisca, colle finestre in veduta della strada medesima. Dalla parte del barbiere (con una strada in mezzo) evvi la casa della ballerina, e dalla parte della bisca vedesi la locanda con porte e finestre praticabili.


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- Edizione telematica e revisione a cura di: Giuseppe Bonghi, 1994
- Edizione HTML e impaginazione a cura di: Giuseppe Bonghi, Agosto 1996

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Ultimo aggiornamento: 23 giugno 2000