Federigo Tozzi, Tre croci, Garzanti, 2003

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copertinaI tre fratelli Gambi gestiscono una libreria a Siena. Vivono insieme: Enrico, il maggiore, è sgarbato e prepotente e fa il legatore; Niccolò, alto, grasso e con una risata rabbiosa, che lo rende simpatico a tutti, un po' sta in bottega, un po' fa l'antiquario, gira di quando in quando nei dintorni di Siena in cerca di oggetti di valore ed è l'unico dei tre ad essere sposato; Giulio, il più giovane e intelligente, è anche quello che si dà più da fare nell'azienda familiare. 
La moglie di Niccolò si chiama Modesta ed è dedita alla cucina, al marito e ai fratelli. Donna mite, cerca di contribuire con la sua condotta equilibrata all'armonia familiare. Vivono in famiglia anche due giovanissime nipoti, orfane, Chiarina e Lola, che sono coccolate da tutti come gli angioletti di casa.

La libreria è frequentata da alcuni clienti fissi: lo studioso d'arte Nisard, il cavaliere Orazio Nicchioli, l'amico Corsali. Il racconto è costellato dalle conversazioni, per lo più banali, tenute in bottega dai tre fratelli con i clienti abituali. Tuttavia gli affari non vanno bene.
"Il loro padre era stato fortunato, e anch'essi da prima stavano bene; poi, a poco a poco, la libreria aveva sempre fruttato meno".

Difatti i tre fratelli, che conducono una vita dispendiosa, amanti del gioco e della buona tavola, contraggono debiti cui cercano di far fronte firmando cambiali false. 

La situazione precipita quando l'ultima cambiale viene rifiutata dalla banca e il cavalier Nicchioli scopre di essere stato truffato. Tutta la città è ormai al corrente del disastro economico dei Gambi.

Giulio, il più consapevole dei tre, quello che più aveva cercato di risollevare con un certo impegno le sorti della libreria, ormai incapace di scongiurare la catastrofe, disperato, si impicca all'interno della bottega, facendosi carico di tutta la responsabilità penale del fallimento.

Dopo il tracollo, Niccolò cerca di mantenersi impiegandosi presso una società di assicurazioni, ma i deliri sempre più frequenti e la gotta, di cui soffre, lo portano in breve tempo alla morte.

Enrico, incapace di reagire alla mutata condizione economica, non abbassandosi a cercare un lavoro, si dà all'accattonaggio, indulge al vittimismo e dorme su una panchina, finché non trova alloggio all'Ospizio di Mendicità. Adesso svolge pure qualche umile lavoretto, ogni tanto pensa alle due nipoti, che si vergogna di incontrare, come si vergogna di ricevere denaro dalla compassionevole cognata Modesta, che, ora vedova, si mantiene col ricamo.

Anche Enrico, minato dalla gotta, muore, a poca distanza dai fratelli.
Chiarina e Lola rompono il proprio salvadanaio per comprare tre croci uguali da portare al cimitero.

Scritto di getto, fra la fine di ottobre e l'inizio di novembre del 1918,  Tre croci venne pubblicato nel 1920 e viene considerato da parte della critica come l'opera più matura di Tozzi, quella in cui l'autobiografismo dello scrittore senese è meno scoperto. Scrive Giuseppe Prezzolini: "Lo stile aderisce alla realtà, la sua lingua è schietta e l'arte sua progredita con Tre Croci raggiunse il suo culmine".

Ispirata a un fatto di cronaca cittadina, Tre croci mette in scena la tragedia di tre uomini che non riescono a dare un significato alla propria vita e che dalla vita sono sopraffatti.

Abulici, accidiosi e viziati, anche se non privi di talento, i fratelli Gambi soccombono, vittime della loro stessa incapacità di vivere.

Scritto in uno stile definito "ascetico", pervaso da una morale cristiana, con al centro i problemi della colpa, del bene e del male e del perdono dei peccati, nel romanzo di Tozzi si avvertono echi di Dostoevskij e di Pirandello. Alcune delle pagine più commoventi sono dedicate alla descrizione della bellezze di Siena e della sua campagna.

In questo romanzo, per dirla con G. A. Borgese, Tozzi tende verso una "lingua comune, modesta e onesta nel lessico e ricca nella sintassi ed elastica nelle giunture".

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Pagina aggiornata il 15.10.07
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