Javier Marías, Selvaggi e sentimentali. Parole di calcio, Einaudi, 2002

 S
p
o
r
t
copertina"Poche cose mi hanno dato così tanta soddisfazione  negli ultimi anni come il fatto che mi chiedessero di  scrivere di calcio ogni tanto: un vero riposo"

Questo libro, il cui titolo originale è Salvajes y sentimentales. Letras de fútbol, è una raccolta di pezzi giornalistici dello scrittore spagnolo Javier Marías, redatti per il quotidiano El Pais e per il supplemento El Semanal.

Nel libro Marías manifesta una competenza e un furore calcistici fuori del comune. Tifoso madridista, come ogni tifoso sempre insoddisfatto del rendimento e dei risultati della sua squadra del cuore, lo scrittore spagnolo non lesina critiche sferzanti a beniamini e avversari. La scrittura riflessiva e compassata del romanziere lascia talvolta il posto al giudizio netto e feroce dell'ultrà.

Sono giudizi, quelli trinciati da Marías, che assomigliano a condanne senza appello: il portiere francese Barthez sembra "un esistenzialista d'estate e per scherzo", con quelle sue magliette "con le maniche corte e svolazzanti", Campos, del Messico, assomiglia a SuperMouse, il colombiano Higuita non ha un aspetto nobile, ma sembra uscito da I tre moschettieri. Jongbloed, il portiere dell'Olanda "rivoluzionaria" del 1974, viene definito un "ciccioncello salterino". Marías non risparmia nemmeno il grande Ronaldo. Originale il suo giudizio: "Ronaldo non è un grande, nonostante la brutale campagna della sua promozione universale [...]. È potente e veloce, tira in porta molto e non sempre bene, ma abbastanza spesso da segnare con facilità, in poche occasioni con genialità [...] non è intelligente; o forse non pensa, agisce soltanto, e senza sapere aspettare. Soltanto i gonzi lo possono paragonare a Di Stefano, Pelé, Cruyff o Maradona [...]. Con gli anni, e senza tanta velocità, potrebbe finire per somigliare di più a Juanito. A Juanito Gómez ma più alto". Se la prende anche con dirigenti e allenatori. Il presidente della Fifa Blatter è definito "uno sciocco demagogico". Il selezionatore spagnolo Clemente "è precisamente il prototipo perfetto del peggio spagnolo: antipatico, disinvolto, superbo, sfacciato, fanfarone, xenofobo".

Le idiosincrasie di Marías non si fermano qui: egli detesta l'esultanza sopra le righe dei calciatori dopo aver segnato un goal, non la gioia sincera e appassionata del realizzatore, ma quella eccessivamente coreografica ed esibita; non sopporta i calciatori calvi col pizzetto; maledice  i tifosi che insultano i calciatori, approfittando  dell'anonimato della folla; è contrario a quei team, - ne indica come prototipo il Barcellona di Van Gaal -, formati da giocatori che costituivano il blocco di altre squadre vincenti; team magari allestiti con formazioni composte da tutti calciatori stranieri (Cosa direbbe dell'Inter attuale?).

Il lettore si diverte di fronte a tanta spietata sincerità e capisce finalmente qualcosa di più sul calcio spagnolo, centrato sulla rivalità fra Barcellona e Real Madrid, i blaugrana più romantici, combattuti, malinconici e drammatici, con la tendenza allo sconfittismo e alla depressione e i  merengues più apollinei, vincenti e dediti al culto del bel gioco. Anche se nell'ultimo decennio i ruoli sembrano essersi ribaltati.

L'idolo di Marías è il campione della sua infanzia, Di Stefano, insieme a Puskas e Gento eroe dell'inarrivabile Real della fine degli anni Cinquanta. Tra i calciatori più recenti ama Butragueño, el Buitre (l'avvoltoio), ma per tutti principalmente el Niño, per quella sua faccia da bambino, un puer aeternus che possedeva una gioia di giocare tutta infantile, sorprendente e non meditata. Poi Guardiola, Raúl, Laudrup, Cantona, che scrive poesie e dipinge e ha l'aria da esule, l'immenso Cruyff e il biondo nibelungo Netzer.

Le pagine più letterarie sono quelle in cui rievoca la sua infanzia e le interminabili partite giocate contro il fratello maggiore, con giocatori fatti di sughero, tappi di latta e ritagli di giornale, le porte costruite con legno, chiodini e garza, un bottone bianco come pallone.

D'altronde il calcio si segue con passione soltanto se non si rinuncia mai, come ha fatto Marías, al bambino pieno di curiosità e meraviglia che tutti siamo stati. Il calcio è, nella sua essenza, "il vero recupero settimanale dell'infanzia".

ordina

I libri di Javier Marías

| home |

| sport

 

Pagina aggiornata il 03.04.07
Copyright 2000-2008 Valentino Sossella