"Me
ne vado, lascio per sempre alle mie spalle tutto questo schifo
cattolico democratico artigiano industriale. Lascio per sempre questo
disgustoso buco di provincia, pieno solo di persone ottuse pericolose
e pericolosamente malvagie".
Bel
romanzo che assomiglia alla narrativa di Bernhard, sia per lo stile che
per l'ambientazione (là la provincia austriaca, qui quella vicentina,
neppure troppo distante). Lo scrittore di lingua tedesca è citato più volte, così come
molti sono i rimandi intertestuali ai romanzi dell'austriaco e il
protagonista si chiama, forse non a caso, Thomas (Boschiero).
La vicenda si snoda in un opprimente clima di distruzione e di
autodistruzione. Il libro ha come centro una famiglia agiata invischiata in rapporti
morbosi, due fratelli e una sorella che hanno perso i genitori, i due
maschi a disagio di fronte all'orrore dell'esistenza. La cornice è il
ricco Nord-Est. Soldi e incubi metropolitani fatti di capannoni
industriali, di strade trafficate,
di animali spiaccicati sull'asfalto, di sviluppo economico ed edilizio
disordinato, arrogante, alienante.
I personaggi principali sono ipersensibili, allucinati, stralunati,
borderline sull'orlo della psicosi e perciò capaci più degli altri di
cogliere le dissonanze, le contraddizioni, la violenza, i mutamenti
anche più impercettibili della realtà.
Il protagonista, Thomas, che annota ossessivamente su di un taccuino i passi compiuti
nei suoi tragitti quotidiani è uno spigoloso solitario che bene esprime,
forse enfatizzandola, una soggettività genuinamente contemporanea.
Il ritmo della narrazione è incalzante, convulso, nevrotico. Le
ruminazioni mentali dei personaggi sono riportate fedelmente, con
tormentose ripetizioni che aumentano la resa espressiva.
L'intreccio riserva nel finale un inquietante colpo di scena, che
getta una luce sinistra sull'intera vicenda. Ma non sono gli stilemi
del thriller che incantano il lettore, bensì la quantità di verità che
il romanzo contiene. Un piccolo classico.
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