Gian Antonio Stella, L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Rizzoli, 2003

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copertina"Volevamo braccia, sono arrivati uomini"
(Max Frisch)

Le persone che emigrano in un paese straniero sono di frequente oggetto di stereotipi, che li rendono vittime degli autoctoni e impediscono loro di condurre un'esistenza normale.
Spesso i pregiudizi sono talmente forti da determinare vere e proprie persecuzioni, che possono arrivare a linciaggi, assassini e altre sanguinarie e repellenti brutalità.

È quanto ci racconta Gian Antonio Stella ne L'orda. quando gli albanesi eravamo noi. Il saggio, frutto della paziente consultazione di documenti, cronache, libri soprattutto, parla dell'emigrazione italiana in tutto il mondo e ci riferisce di maltrattamenti, violenze, esclusioni, insulti, sofferenze indicibili.

Dal libro di Stella apprendiamo molte cose. Per esempio che il Grand Tour dell'aristocrazia e della ricca borghesia del Nord, facendo tappa in Italia, non si proponeva soltanto un'immersione tra le bellezze artistiche e del paesaggio, ma costituiva una sorta di iniziazione al sesso, tale era la disponibilità di carne umana per tutti i gusti e per tutte le perversioni. Insomma l'Italia di ieri assomigliava un po' alla Thailandia di oggi.

I nostri connazionali emigravano valicando impervi e perigliosi valichi alpini, ma, più spesso, per mare, un po' come fanno ai nostri giorni curdi, albanesi e le altre masse di disperati che "invadono" le nostre coste.

Con onestà, Stella ammette che non sempre gli stereotipi negativi sugli italiani erano infondati: davvero eravamo povera gente abituata a vivere, anche nei paesi ospitanti, in condizioni igieniche precarie. Il tasso di analfabetismo dei nostri emigranti era fra i più alti in Europa. E alla miseria materiale seguiva sovente quella morale, con il ricorso, dettato talvolta dalla necessità di sopravvivere, ad espedienti e stratagemmi riprovevoli: gli italiani alimentavano il mercato della prostituzione (tristemente famosa la "tratta delle bianche" e purtroppo anche il traffico di bambini destinati alle voglie dei pedofili), erano dediti a truffe, furti, rapine, commercio della droga e ad altre lucrose attività criminali. 
La mafia e la camorra, purtroppo, in America le abbiamo esportate noi. E persino tra i padri più prossimi del terrorismo contemporaneo figurano gli italiani: i nostri anarchici, spesso imbevuti apparentemente di alti e nobili ideali.

Ci vendevamo pure i bambini destinati allo sfruttamento del lavoro minorile nelle vetrerie francesi o di Pittsburgh, nell'industria tessile di San Paolo del Brasile, nell'edilizia svizzera. Oppure impiegati come musicanti, spazzacamini in Olanda o strilloni in Argentina. Sottoposti comunque, ad ogni latitudine, ad un'esistenza miserevole.

Ricordandoci di quello che fummo e delle ingiustizie e persecuzioni patite, Gian Antonio Stella ci richiama nel suo libro a una maggiore indulgenza e tolleranza verso i cittadini stranieri, che vengono in Italia a cercare fortuna.
Tuttavia rimarcando, secondo me giustamente, che: 

"Detto questo, per carità: alla larga dal buonismo, dall'apertura totale delle frontiere, dall'esaltazione scriteriata del 'melting pot', dal rispetto politicamente corretto ma a volte suicida di tutte le culture [...].
Certo, un paese è di chi lo abita, lo ha costruito, lo ha modellato su misura della sua storia, dei suoi costumi, delle sue convinzioni politiche e religiose. Di più: ogni popolo ha il diritto, in linea
di principio ed entro certi limiti, di essere padrone in casa propria. E dunque di decidere, per mantenere l'equilibrio a suo parere corretto, se far entrare nuovi ospiti e quanti. Di più ancora: in nome di questo equilibrio e di valori condivisi (la democrazia, il rispetto della donna, la laicità dello stato, l'uguaglianza di tutti gli uomini...) può arrivare perfino a decidere una politica delle quote che privilegi (laicamente) questa o quella componente. In un mondo di diffusa illegalità come il nostro, possono essere invocate anche le impronte digitali, i registri degli arrivi, la sorveglianza assidua delle minoranze a rischio, l'espulsione dei delinquenti, la mano pesante con chi sbaglia. 
La xenofobia, però, è un'altra cosa".

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