BACCO IN TOSCANA
ditirambo
di
FRANCESCO REDI
accademico della Crusca
nota - pubblicato per la prima volta nella versione completa in Firenze nel 1685 con molte annotazioni dell'Autore, accresciute nella terza edizione, del 1691, avvenuta a spese dell'editore Piero Matini - riprendiamo il testo da Bacco in Toscana, Ditirambo di Francesco Redi accademico della Crusca, con le Annotazioni, ed. Piero Matini all'insegna del Lion d'oro, con licenza dei superiori, Firenze 1685, (pubblicato sotto il patronato del Granduca di Toscana) - Il volume giace presso la Biblioteca comunale di Novara -
- nota 1 - Il Ditirambo è un componimento giocoso, ricco di
rime alternate, interne, plurime, scritto per divertimento, senza nessuna intenzione
morale o d'insegnamento, in cui il poeta dà libero sfogo alla fantasia sui più svariati
argomenti che contengono un aspetto fondamentalmente giocoso, come l'elogio del vino o
dell'acqua, con conseguente ubriachezza o malesseri vari, o semplicemente il racconto di
ciò che uno fa o dice quando delira in preda alla febbre, alla follia scatenata
dall'amore, ecc.
- nota 2 - Francesco Redi, Opere, vol. VII,
Società Tipografica de' Classici Italiani, Milano 1811, p. 181; nel vol. I, pubblicato
nel 1809, è riportato il Ditirambo con le note.
- nota 3 - da AA-.VV, I Minori, ed. Marzorati, Milano
1969, Ranieri Schippisi, Francesco Redi, pag.1765-1789.
- nota 4 - è il Ditirambo Arianna inferma che non verrà
mai terminato, pubblicato in Opere, cit., vol. III
- nota 5 - la rete del barbiere: detto di una cosa che si
fa per passatempo, senza impegnarvisi troppo
- nota 6 - Redi, op.cit.., vol VI, pag.376-377
- nota 7 - che ebbe origine da una cantata fatta per la
Granduchessa Vittoria, Madre del Granduca Cosimo III, come afferma una nota del curatore
delle Opere citate del Redi in calce alla stessa lettera (v. nota 4) alla pag. 376
- nota 8 - Opere, cit, vol. III, pag. 86-87
- nota 9 - Transilvano: della Transilvania, regione tra
l'ex-Jugoslavia e la Romania e Ungheria a nord, che ha come centro Belgrado
- nota 10 - giogo imperial: sottomettere al potere
dell'imperatore
- nota 11 - re di Francia: Luigi XIV
- nota 12 - quartiere: luogo dove sono acquartierate le
truppe
- nota 13 - arcistivale: superlativo di stivale,
minchione, uomo troppo ingenuo
- nota 14 - a guerra rotta: vedi nota 285: a più non
posso
- nota 15 - estolle: voce letteraria: innalza; il vino
che mi ribolle nel petto mi ispira e mi innalza all'alta meta del monte Pindo, profetico
perché dedicato ad Apollo, dio della profezia
- nota 16 - Schippisi, op.cit., pag.1786-1787
- nota 17 - Opere, cit., vol. III, pag. 84
- nota 18 - cuoio: mi ha reso pelle e ossa
- nota 19 - Opere, cit., vol. III, pag. 90
- nota 20 - Tregenda: gran numero di diavoli e streghe
che fsi riuniscono nottetempo, secondo la fantasia popolare, creando confusione:
l'nsegnamento popolare era che l'amore andava evitato come la Tregenda
- nota 21 - affè: in fede, veramente
- nota 22 - spiritava: era preso dallo spirito del
demonio, assalito da una grande paura, la stessa che poteva prendere le anime buone e pie
davanti a una congrega notturna di streghe
- nota 23 - libretto: il diminutivo ci presenta un libro
piccolo di dimensioni e poco stimato dagli uomini di grande cultura, come sono coloro che
danno insegnamenti, ma contenente verità profonde perché reali
- nota 24 - Opere, cit., vol. III, pag. 259
- nota 25 - crin d'oro: immagine classica della lingua
poetica toscana: i tuoi capelli biondi; tutte le donne della letteratura italiana del
Tre-Quattrocento (Laura, Beatrice, ecc.) erano rigorosamente bionde
- nota 26 - verno: come la primavera richiama la
giovinezza, così l'inverno richiama la vecchiaia
- nota 27 - ed al rotar degli anni: la vita corre come
una ruota, come scrive anche il poeta greco Anacreonte: come la ruota del cocchio corre e
gira la vita
- nota 28 - del viso tuo la fresca rosa: immagine
barocca, non priva di una certa dolcezza e di radici letterarie petrarchesche: se la
freschezza del tuo roseo viso giovanile
- nota 29 - pallida: è il pallore della vecchiaia reso
più evidente dal bianco dei capelli canuti
- nota 30 - indico = indiano
- nota 31 - domator: molti poeti latini e greci hanno
dato questo titolo a Bacco
- nota 32 - il Dio del vino: Bacco o Dioniso avea deciso
di fermarsi sui colli etruschi, fuori le mura di Firenze nel palazzo imperiale della
Granduchessa di Toscana
- nota 33 - imperial palagio: villa imperiale, nel
Cinquecento fuori dalle mura di Firenze, fabbricata dalla Serenissima Arciduchessa Maria
Maddalena d'Austria Granduchessa di Toscana, lasciata in eredità alle future
Granduchesse, all'inizio del Novecento sede del Regio Istituto della S.S. Annunziata
- nota 34 - vaga: bella e desiderabile
- nota 35 - Arianna: figlia di Minosse e di Pasifae;
innamoratasi di Teseo, gli diede, quand'egli fu condannato ad essere divorato dal Minotauro,
un gomitolo di filo che gli servì per ritrovare la strada d'uscita del labirinto dopo
l'uccisione del mostro; fuggì poi con l'eroe, che però l'abbandonò sull'isola di Nasso,
dove si fece sacerdotessa di Dioniso, che la liberò e la sposò, secondo alcune versioni
del mito
- nota 36 - dell'uve il sangue: il vino è detto sangue
dell'uva già nel Cantico di Mosè (nel Deuteronomio 32.14) e nell'Ecclesiaste
50.16; la stessa definizione troviamo in molti poeti minori del Cinquecento e del
Seicento: ricordiamo il Chiabrera: "Tosto che per le vene erra ondeggiando /
delle bell'uve il sangue"; se il vino non rinnovasse il sangue e le vene la vita
sarebbe ancora più breve
- nota 37 - non rinfranca: non dona un nuovo vigore alle
vene, cioè al corpo
- nota 38 - labile: effimera, fuggevole
- nota 39 - di quel Sol: il Sole porta a maturazione le
uve coi suoi raggi, che vengono conservati dal vino, acquistandone forza e vigore; il vino
è il sangue acceso dai raggi del Sole
- nota 40 - per chi s'invecchia: comune in Firenze era il
detto che il vino è la poppa dei vecchi, dove per poppa (seno) si intende il grappolo
- nota 41 - vetri maiusculi: Vetro come nome generico,
molto usato, di 'vaso da bere', maiusculi perché grandi
- nota 42 - lui: riferito al tempo che si consuma sulla
terra fra numeri e misure(l'ora, il giorno, il mese, ecc. sono sia un numero che una
misura del tempo)
- nota 43 - i pensier mandiamo in bando: il vino libera
dai 'torbidi pensieri', come dice il Chiabrera; per questo Bacco è chiamato
Liber (Libero) nell'antica Roma
- nota 44 - Claretto: nome di un vino, color rosso
chiaro, prodotto in Avignone
- nota 45 - Bellicone: parola derivata dal tedesco
wilkomb o wilkumb che è il bicchiere nel quale si beve all'arrivo degli amici e significa
anche benvenuto
- nota 46 - Artimino: villa del Serenissimo Granduca di
Toscana, fabbricata da Ferdinando I, deliziosa sia per le feste che culminavano con la
caccia ai daini, ma anche per i preziosi vini che produceva, che secondo molti erano i
migliori della Toscana
- nota 47 - vo' trincarne più d'un tino: citazione dal Ciclope
di Euripide: il Ciclope chiede a Sileno se il mangiare era pronto e se pieni erano
i vasi per bere il latte; Sileno gli risponde che ne potrebbe bere perfino un tino
- nota 48 - nobile lavacro: recipiente che contiene il
liquido per purificarsi, l'acqua o, come in questo caso, il vino, nobile perché serve per
lavarsi e purificarsi
- nota 49 - mentre il polmon: Platone insegnò nel Timeo
che i liquidi bevuti finiscono nei polmoni, opinione diffusissima nell'antichità, sembra
già a partire da Omero, e che si mantenne viva almeno fino a tutto il Quattrocento
- nota 50 - pèvera: strumento, per lo più di legno, che
serviva da imbuto quando si doveva travasare il contenuto dei barili nella botte;
nell'antichità il pèvero era un intingolo fatto di vari ingredienti con la peverada,
l'acqua in cui si cuoce la carne con le varie spezie, tra cui il pepe o pevere
- nota 51 - Lècore: villaggio vicino Firenze, nella
parte più bassa della vallata; il vino di Lècore in Firenze era proverbialmente
debolissimo e di nessun valore, poco migliore dell'acqua. In Arezzo c'era una legge che
proibiva severamente di piantar viti in pianura, destinata alla semina del grano
- nota 52 - prim'osò: sia condannato perché ha osato
piantar le viti nel pian di Lècore perché producono un vino di cattiva qualità
- nota 53 - pioggia rea di ghiaccio: la grandine distrugga le
viti piantate nella piana di Lecore perché producono un vino poco buono
- nota 54 - di Petraia e di Castello: due ville della
Casa Serenissima di Toscana, famose per i buoni vini che producevano, ricavati da vitigni
fatti venire dalle Canarie, dalla Spagna, dalla Francia; in particolare, la villa di
Castello, oggi sede dell'Accademia della Crusca, venuta in possesso dei Medici nel 1480,
ha un giardino all'italiana sistemato nel 1540; la villa della Petraia fu ricostruita nel
1576 da B. Buontalenti per i Medici: al 1° piano conserva l'appartamento privato di
Vittorio Emanuele II, al tempo di Firenze Capitale
- nota 55 - Moscadello: vino ricavato dal moscato, di
sapore un po' dolce, adatto alle donne, detto così perché infestato da mosche e api
- nota 56 - in giòlito: stare in giòlito significa
stare in riposo, espressione tratta dal linguaggio marinaro; si dice delle navi che si
trattengono nella darsena, nel porto o quando sono ferme in alto mare per la calma che non
permette la navigazione
- nota 57 - bei: bevi; parola abbreviata per ragioni
metriche
- nota 58 - Grisòlito: varietà di olivina, pietra
preziosa dal color verde limpido
- nota 59 - magliuolo: tralcio che si taglia dalla vite,
adatto per essere trapiantato
- nota 60 - vaghezza: la bellezza e l'essere desiderabile
- nota 61 - Venere: (Afrodite per i Greci) figlia di Zeus
e di Dione, la più bella delle dee; dea della bellezza e dell'amore sia ideale che
sensuale, nata dalla spuma del mare; andata sposa ad Efesto, brutto e zoppo, le fu
permesso dallo stesso Zeus di avere molte avventure extraconiugali; molti sono i miti che
la celebrano
- nota 62 - Montalcino: cittadina in provincia di Siena,
celebre per i suoi vini ancora oggi, soprattutto per il Brunello e il Moscadello
- nota 63 - nappo: vaso di legno usato per bere o per
altri usi al tempo della vendemmia (trasporto di uva e mosto); parola usata soprattutto in
Arezzo
- nota 64 - per stravizzo: stravizio, abbandono al
piacere del bere; è una voce entrata nella storia della lingua anche con un altro
significato, che è quello usato dal Redi: si chiamava così l'annuale convito degli
accademici della Crusca: questo vino ha tanta grazia che può essere bevuto durante il
banchetto annuale dei rispettabili Accademici e destinato anche al piacere delle severe
vergini Vestali
- nota 65 - Vesta: Estia presso i Greci, figlia di Crono
e di Rea sorella di Zeus; dea della casa, del focolare domestico e della patria, il cui
culto, secondo alcuni, fu portato in Italia da Enea; da ricordare che nei banchetti la
prima e l'ultima libazione si faceva in suo onore
- nota 66 - an di Vesta in cura il foco: vestali,
sacerdotesse di Vesta, che dovevano tenere perennemente acceso il simbolico sacro fuoco;
- nota 67 - Pisciancio: vedi più sotto pisciarello
- nota 68 - Cotone: così si chiamava una villa della
famiglia Scarlatti
- nota 69 - Scarlatti: personaggio dell'epoca, forse il
musicista Alessandro Scarlatti, nato a Palermo, vissuto anche a Napoli, Roma e, dopo la
morte del Redi, per qualche tempo a Firenze
- nota 70 - persone ... fatti: bevano un vino debole come
il Pisciarello le persone che non sanno agire bene nella vita perché superficiali
- nota 71 - smaccato: dolcissimo fino alla nausea
- nota 72 - scolorito: di color rosa chiaro
- nota 73 - snervatello: senza nerbo, senza forza,
languido
- nota 74 - Pisciarello: vino da Dame, un po' gentile e
dolce, chiamato Pisciancio in Firenze
- nota 75 - Bracciano: cittadina in provincia di Roma,
sull'omonimo lago
- nota 76 - scartabelli: termine spregiativo, che indica
libri poco importanti e di scarso pregio sia per cultura che per intelligenza
- nota 77 - Pignatelli: Stefano Pignatelli, cavaliere
romano, amico del Redi, autore di un trattato platonico
- nota 78 - volgo: popolo, massa, tutti coloro che non
hanno forza, carattere (anche tra i nobili); in questo caso non è usato in termini
spregiativi; il vino Pisciarello, proprio perché debole e dolciastro, non può che
piacere alla massa, al volgo, non ai nobili e ai forti, ai quali s'addice un vino
altrettanto nobile e forte
- nota 79 - Ciccio d'Andrea: Francesco D'Andrea, avvocato
e letterato napoletano, di vasta cultura, amico del Redi, conosciuto sul finire del 1671,
citato nella Lettera intorno all'invenzione degli Occhiali
- nota 80 - Asprino: rinomato vino di Napoli, Aversa,
Sorrento e dintorni dal sapore forte e un po' aspro, così diverso dai vini forti ma
amabili della Toscana; sull'Asprino il giudizio del Redi è comunque negativo
- nota 81 - agresto: specie d'uva che non matura mai
completamente da cui si ricava un vino acre; in alcune città, come Verona, questa parola
è usata col significato di aceto, accolto in questo caso dal Redi
- nota 82 - Fasano: Gabbriello Fasano, di Napoli, poeta,
traduttore in napoletano della Gerusalemme liberata del Tasso, leggendo un
giorno il Ditirambo, come afferma il Redi, fingendo d'essere in collera perché non
vi si lodavano i vini generosi di Napoli, esclamò: Voglio fa venì Bacco a Posileco, e
le voglio fa vedè, che differenza n' c'è tra li vini nostri e le pisciazzelle de Toscana
- nota 83 - lingua profana: il Fasano osa mettersi sullo
stesso piano del dio Bacco come intenditore di vini, ma la sua lingua mortale è profana,
contrapposta alla lingua divina degli dei: tutto ciò che dice è empio, contrario alla
sacralità religiosa e al rispetto per gli dei immortali
- nota 84 - Tigri Nisee: tigri abitatrici del monte Nisa,
in India, in cima al quale fu allevato, secondo i mitografi greci, Bacco-Dioniso (ma
questa parte del mito non è univoca presso i vari mitografi, in quanto Nisa è anche il
nome di varie città della Grecia, dell'Etiopia e dell'Egitto) - Nisa è anche il nome di
una nutrice di Bacco; - carro aurato: carro dorato; è così rappresentato il carro
del sole
- nota 85 - Sebeto: antica denominazione del Rio della
Maddalena, fiumiciattolo che sfocia nella baia di Napoli - ...intorno: proprio
perché crede di essere un intenditore di vini come il dio Bacco, crede di poter fare le
stesse cose cha fa il dio, come andare verso il Sebeto sul carro dorato trainato dalle
tigri Nisee
- nota 86 - alligna: attecchisce bene e cresce
prosperosamente; - ed a quei lauri ... Ischia: il Fasano pretende di unire alla
corona di lauro, che lo distingue come poeta, la corona formata dai pampini di quelle viti
che crescono bene a Posillipo e nell'isola di Ischia
- nota 87 - Tirso: presso i Greci e i Romani era un lungo
bastone, attributo di Bacco-Dioniso, che aveva in cima un ornamento più spesso di pampini
intrecciati, ma anche a forma di pigna o di foglie d'edera; era portato dai seguaci del
dio durante la celebrazioni delle feste dionisiache
- nota 88 - Febo: altro nome di Apollo, figlio di Zeus e
di Leto, ad indicare l'immagine del sole splendente che serve per riscaldare i vigneti per
la produzione di buon vino; - Minerva: Atena o Pallade presso i Greci, dea della
saggezza; avendo Zeus nascosto dentro di sé Meti, la madre di Atena, per prevenire la
nascita di un figlio che avrebbe potuto un giorno detronizzarlo, un giorno sentì un forte
mal di testa; si fece spaccare la testa dal dio Efesto (Vulcano) e ne uscì fuori
Pallade-Atena bellissima e armata; la dea guerriera è protettrice delle arti e della pace
- nota 89 - Greco: celebre vino della baia di Napoli
- nota 90 - rappattumarmi: riconciliarmi
- nota 91 - tresca: ballo caratterizzato dall'agitarsi di
mani e di piedi; dal tedesco
- nota 93 - Marchese gentil dell'Oliveto: conoscenza napoletana
del Redi
- nota 94 - Pescia: cittadina in prov. di Pistoia,
attraversata dal fiume Pescia; - Buriano: famoso vino bianco prodotto a Pescia,
prodotta da un'uva chiamata Buriana o Burianese
- nota 95- egli: il vino - oro potabile: che si
può bere, vino prezioso come l'oro; un tempo si credeva che esistesse un liquore fatto
con l'oro ridotto a liquido, cui gli alchimisti attribuivano una grande forza, quella di
riavere vicini coloro che stavano per morire, di rendere le forze ai vecchi, di rinforzare
il cuore e ridare coraggio e simili
- nota 96 - che mandar ... inrimediabile: il vino scaccia
via, manda in esilio, ogni male inguaribile, al quale non si può porre rimedio
- nota 97 - Elena: Figlia di Zeus che si era accoppiato
con Leda sotto forma di cigno, celebre per la sua straordinaria bellezza; sposa di
Menelao, fu rapita da Paride e portata a Troia, originando la guerra dei Greci contro
Troia; conquistata Troia, Elena torna col marito e alla sua morte si approda nell'isola di
Rodi ospite di Polisso, sua lontana parente, che per vendicare la morte del marito
Tlepolemo l'accolse con apparente gentilezza e poi la fece impiccare ad un albero da
alcune sue ancelle, travestite da Erinni, dopo averla tirata nuda fuori dall'acqua mentre
faceva il bagno; - Nepente: medicina, droga, che, messa nel vino, faceva rallegrare
il cuore e toglieva ogni tristezza: venne data ad Elena da Polidamna, moglie di Tone
d'Egitto; secondo Omero (Odissea, libro IV, vv. 220 e segg.) sopiva il
dolore, calmava la collera e faceva dimenticare tutti i mali (approdata in Egitto con
Paride, Elena fu trattenuta da Proteo, re di Menfi, mentre Paride fu scacciato e costretto
a portarsi dietro il simulacro di Elena)
- nota 98 - Rucellai: Orazio Rucellai, Cavaliere e Priore
di Firenze, autore dei Dialoghi filosofici, discendente dalla famiglia Ricasoli, filosofo
e letterato di fama presso i suoi contemporanei, citato nella Lettera intorno
all'invenzione degli Occhiali perchè nella sua Casa avvenivano spesso riunioni di dotti e
di lettarati, folosofi e artisti
- nota 99 - lui ... e la vertigine: in compagnia del vino
il Rucellai comprendeva bene gli atomi e i corpuscoli, sapeva distinguere il crepuscolo
vespertino da quello mattutino, dimostrava le cause della lentezza del moto degli astri e
lo stordimento del cervello, al quale, in preda ai fumi del vino, sembrava che tutto
girasse intorno
- nota 100 - nel cercar la verità: ricordiamo il
proverbio in vino veritas: nell'ebbrezza l'uomo tende a dire la verità che conosce
e che comunque sta lontano dall'ebbrezza
- nota 101 - Barbarossa: è un vino gentile, di colore
simile al Claretto, rosa forte (fragola matura), d'un vitigno particolare, coltivato per
lo più sulle colline di Pescia (Pistoia), che produceva grappoli grandi di colore rosso
chiaro, che davano l'impressione di essere tante barbe rosse
- nota 102 - temprare: temperare, moderare, diminuire
- nota 103 - Ipocrate: Ippocrate, primo grande medico
della storia umana, del IV sec. a.C.; le sue opere raccolgono tutto lo scibile medico
dell'epoca - ricordiamo il giuramento di Ippocrate
- nota 104 - Andromaco: medico di Nerone, nato a Creta -
gli si attribuisce l'invenzione della teriaca, potente antidoto contro i veleni animali
- nota 105 - ciotole: dal greco Kotyla, usata anche dai
Romani per misurare liquidi, bicchiere senza manici, simile a una piccola conca,
differente dal calice
- nota 106 - pretto: puro, non mischiato con acqua o con
aromi; - Corso ... Ispano: vini generici della Corsica e della Spagna
- nota 107 - Euripide nelle Baccanti dice che
solo il vino è la medicina utile contro gli affanni e i mali della vita, scoperto proprio
per guarire dalle malattie (del corpo e dello spirito)
- nota 108 - Cerretano: da Cerreto, località nei pressi
di Spoleto, oggi scomparsa, vicino alla Forca di Cerro: venditore di bagattelle,
impostore, ciarlatano (in origine significava: medico di Cerreto
- nota 109 - cioccolatte: mistura di vari ingredienti,
tra i quale c'è soprattutto il cacao e lo zucchero
- nota 110 - te: anche il the, come la cioccolata, era
una bevanda conosciuta nel '600, anche se diffusa solo negli strati più elevati della
popolazione
- nota 111 - caffè: bevanda usata nel Seicento
soprattutto tra i Turchi, gli Arabi e i Persiani, e che comincia ad essere usata anche nei
paesi dell'Europa mediterranea e all'inizio del Settecento nell'Europa centro-occidentale;
qualcuno affermava che il caffè era il famoso nepente di Elena (v. nota 43)
- nota 112 - giannizzeri: soldato scelto della fanteria
turca, guardia del Sultano, dal turco ieniceri
- nota 113 - ostico: di sapore aspro e amaro, oltre che
sgradevole
- nota 114 - Tartaro ... Erebo: come Averno e Tartaro:
inferno, regno dei morti, abisso sottostante all'Averno, dove Giove precipitò i Titani
ribelli (Averno, inferno dei pagani, da Avernus, lago presso Pozzuoli in Campania, dove si
credeva fosse l'ingresso dell'oltretomba
- nota 115 - Belidi: le 50 Danaidi, figlie di Danao,
discendenti di Belo (da cui Belidi), furono condannate da Zeus nel Tartaro ad affannarsi
ad empire una botte senza fondo per l'eternità, per aver ucciso i rispettivi mariti
durante la prima notte di nozze (si sposarono tutte insieme) istigate dal padre che aveva
saputo da un oracolo che sarebbe stato detronizzato e ucciso dai cinquanta mariti se
fossero rimasti in vita; una delle Danaidi, Ipermestra, fece però fuggire il marito,
Linceo, avvertendolo di quanto sarebbe successo; Zeus condannò le Danaidi nel Tartaro a
riempire d'acqua per l'eternità una botte senza fondo
- nota 116 - Furie: o Erinni, di cui si conoscono tre
nomi: Aletto, Tesifone, Megera: Divinità infernali, figlie di Acheronte e della Notte
(secondo altri della Terra). I Greci le immaginarono alate, cattive, con serpi per capelli
e alito portatore di morte: personificano la maledizione, la vendetta e il rimorso e
perseguitano per l'eternità gli assassini e soprattutto i parricidi - Tesifone è
una delle Furie
- nota 117 - Proserpina: in Greco Persefone, figlia di
Zeus-Giove e Demetra-Cerere, rapita da Plutone, il dio degli inferi, per volere di Zeus
viveva sei mesi nell'Olimpo e sei mesi col deforme marito negli inferi; - ministrarono:
le Furie fecero bere a Proserpina il caffè, il liquido nero che avevano inventato
- nota 118 - cionca: tracanna, beve avidamente; il
musulmano che tracanna il caffè mostra di aver poca intelligenza - scrive il Redi nelle
Etimologie Italiane (1685, stampate in Genova da Gio. Antonio Chouët, compilate
dall'amico Egidio Menagio): "Cioncare vale bere di soverchio, e con troppa avidità;
credo che sia stato detto dal modo sconcio col quale beve la broda il porco, che dagli
Aretini è chiamato Cioncarino, e da' Cortonesi cioncolo."
- nota 119 - malvagia ... Montegonzi: malvasia, uva di
sapore dolce e di delicato profumo, da un vitigno proveniente dall'isola di Candia della
Morea , che porta lo stesso nome, e che si è ambientato bene anche in Italia, soprattutto
in Toscana, a Montegonzi, un paesino nei pressi di Arezzo (nota l'ironia del nome, che
richiama l'aggettivo gonzi del verso 210)
- nota 120 - Ambra: vino di Creta, dall'odore di ambra,,
chiaro e forte, ma incapace di spegnere la sete troppo alta e orgogliosa di Dioniso
- nota 121 - Etrusca Malvagia: vino ricavato dall'uva
malvasia della Toscana
- nota 122 - Cidonio scoglio: Appartenente all'isola di
Creta, detta Cidònia dal nome di un'antica località sulla costa settentrionale, vicino
all'odierna Canea, secondo alcuni Policastro e secondo altri Platania, celebre per i suoi
vini e per gli archi che vi si fabbricavano, oltre che per le cotogne, specie di mela
commestibile dal sapore molto aspro; isola cidonia significa anche isola delle cotogne
- nota 123 - rampolli: presi dallo scoglio cidonio, i
superbi e nobili germogli delle viti, come figli di nobile stirpe, possano ringentilire,
cioè trovare sul suolo Toscano una nuova nobiltà
- nota 124 - depor vedransi il naturale orgoglio: le
viti trapiantate dall'isola Cidonia in Toscana, perdendo il naturale e primitivo sapore,
avrebbero acquistato un nuovo sapore, più gentile e quindi più gradevole al palato
- nota 125 - Cervogia: birra; (cerveza in spagnolo)
"Cervogia è una maniera di beveraggio che l'uomo fa di formento, di vena e d'orzo.
Ma quella Cervogia che si fa di formento e di vena val meglio... e chi con essa il vin la
bee, si inebria tostamente... Ma la Cervogia fatta di segale, è sopra tutte l'altre la
migliore." (Redi)
- nota 126 - presto muore: pensa con un po' d'ironia
allo slogan: chi beve birra, campa cent'anni
- nota 127 - barbogia: rimbambita o istupidita
- nota 128 - Sidro d'Inghilterra: vino di mele, celebre
soprattutto quello d'Inghilterra, il migliore
- nota 129 - beveroni: beveraggi, bevande senza gusto
né sapore, dal nome generico di una bevanda composta di acqua, farina e semola, che si
dà agli animali per farli ingrassare
- nota 130 - ma si restin col mal die: formula di
malaugurio: restino col male della vita, che solo il vino può guarire
- nota 131 - pècchero: vocabolo di origine germanica:
sorta di bicchiere grande
- nota 132 - colmo in giro: colmi fino all'orlo
- nota 133 - sì benigno: il vino Albano, prodotto in
contrada Sansavino sul Monte Albano nei pressi di Pistoia, definito benigno già da
Marziale
- nota 134 - Tregozzano ... Giggiano: sono nomi di
collinette della campagna di Arezzo
- nota 135 - razzente: frizzante, spumeggiante
- nota 136 - Redi: l'autore allude a se stesso,
nominando i vini da lui prodotti, l'Albano e il Vaiano
- nota 137 - Manna dal ciel sulle tue trecce piova: da
un verso del Petrarca: fiamma dal ciel sulle tue trecce piova; le trecce simbolicamente
sono i pampini delle viti
- nota 138 - ambrosia: come il nettare, è una bevanda
squisita e il cibo degli dei immortali; in questo caso il vino è come il nettare degli
dei, anche perché allontana i mali dall'uomo
- nota 139 - ogni tua vite ... nuove frondi: riprende
Omero, che nel settimo libro dell'Odissea scrive che le piante di ogni tipo degli orti di
Re Alcinoo sempre sono fiorite e tutto l'anno danno frutti, e le sue vigne sono cariche
d'uve, con le viti in parte fiorite, in parte con uva ancora acerba, in parte con uva
matura e in parte con uva già raccolta e pigiata
- nota 140 - un rio di latte in dolce foggia:
"Euripide nelle Baccanti, contando nel suo linguaggio poetico le meraviglie di Bacco,
dopo aver detto che le Baccanti, ferendo le pietre con le loro aste, facevano scaturire i
rugiadosi umori dell'acque, e che alcuna di esse ficcando il suo bastone in terra, Bacco
ne faceva sorgere fontane di vino, aggiugne che a quante aveano gusto di bevanda bianca e
lattata, bastava, che chiamandosi, prendessero pizzichi di quella terra per la quale
passavano; e tosto si vedevano le mani piene di fiali di latte. E nella stessa favola una
di esse Baccanti dice che per dove passava Bacco la campagna correva latte, vino e nettare
o miele." (Redi) - battendo col tirso per terra le Baccanti facevano scaturire
ruscelli di vino, o di latte, o di acqua
- nota 141 - né pigro giel, né tempestosa piova: né
gelo né pioggia ti sconvolga o ti strappi le foglie
- nota 142 - druda: amante, nel senso positivo di colei
che ama - è Aurora, o Eos, che ama Titone, figlio di Laomedonte, e lo rapisce per la sua
straordinaria bellezza; per lui la dea chiese l'immortalità, e la ottenne, ma non pensò
a chiederne anche l'eterna giovinezza. Lo amò finché non fu vecchio e lo curò con molta
cura; quando divenne decrepito lo lasciò solo in un luogo chiuso; - Titone: figlio
di Laomedonte e marito di Eos-Aurora, per il quale la dea ottenne l'immotalità ma non
l'eterna giovinezza
- nota 143 - quel buon vecchio ... tornerebbe in gioventù:
il vecchio Titone sarebbe tornato giovane se l'amante Aurora gli avesse dato da bere una
gran ciotola di vino, e quindi lo avrebbe tolto dalla sua solitudine
- nota 144 - coronar: riempire il bicchiere fino
all'orlo
- nota 145 - Lamporecchio: villa di proprietà della
famiglia Rospigliosi, ai tempi del Redi, nel paese di Lamporecchio, in prov. di Pistoia,
vicino ai Monti Albani, celebri per la produzione di ottimi vini; nel Seicento era in
pratica ristretto a un Castello e a poche case di contadini e artigiani
- nota 146 - Castel per quel Masetto: castello di
Lamporecchio reso famoso da Masetto, protagonista della prima novella della terza giornata
del Decameron di Boccaccio
- nota 147 - a inghirlandar le tazza or m'apparecchio:
vedi nota 87: mi preparo a riempire i bicchieri fino all'orlo
- nota 148 - puretto: i contadini fiorentini chiamavano
puretto il vino non annacquato; da puretto nacque l'aggettivo pretto, secondo l'opinione
di alcuni studiosi dell'epoca
- nota 149 - Cantinette: vasi di metallo o di
terracotta, pieni d'acqua e ghiaccio, in cui si mettevano in fresco le bottiglie di vino
(oggi usati per lo champagne - Cantimplore: Cantimplora: parola composta da canta e
implora: vaso di vetro, non più molto in uso ai tempi del Redi, che ha nel mezzo un vano
nel quale si mettono pezzi di ghiaccio, o di neve, per rinfrescare il vino contenuto, ed
aveva un lungo e grosso collo, che sorgeva da uno dei fianchi come un annaffiatoio; la
cantimplora fu definita da Lorenzo Magalotti come una sorbettiera ampia e dorata
- nota 150 - forbite: pulite; - bombolette:
parola derivata dal Greco, diminutivo di bombola, vaso di vetro col collo torto che
serviva per contenere vino o liquore, che si usava immergere nel ghiaccio o nella neve per
rinfrescare il vino - anticamente si chiamava così l'orciolino dell'olio
- nota 151 - quinto elemento: essere il quinto elemento
in gergo toscano significava essere una cosa necessaria; la stessa Firenze era stata
denominata più volte come il quinto elemento per la grazia, la ricchezza artistica,
l'intelligenza dei governanti, ecc
- nota 152 - contento: sostantivo, per contentezza,
soddisfazione, gusto, piacere; è folle chi spera di provare gusto nel bere vino se questo
non è ben fresco
- nota 153 - Vallombrosa: stazione di villeggiatura del
Pratomagno nel comune di Reggello (Firenze), dove sorge l'omonima abbazia, fondata nel
1051 da Giovanni Gualberto, più volte rimaneggiato fino al '700
- nota 154 - bicocca ... in chiocca: piccola rocca o
fortezza costruita su un colle isolato a difesa delle valli; - Neve in gran quantità
- nota 155 - Satiri: seguaci di Dioniso, esseri
mostruosi, divinità di ordine inferiore, insidiatori delle Ninfe, dal corpo villoso, le
orecchie aguzze dietro le brevi corna ritorte, e le zampe caprine: sono la
personificazione di forme e manifestazioni della natura selvaggia, dei bassi istinti,
sensuali e brutali, dell'uomo primitivo; col passar del tempo la loro figura è stata
ingentilita, fino a perdere il loro aspetto animalesco primitivo
- nota 156 - frottole: canzoni popolari e scherzose, che
cantano fatti e pensieri bizzarri senza nesso e senza ordine; - riboboli: giochi di
parole della parlata dialettale fiorentina
- nota 157 - Monte di Boboli: "Col nome di Boboli
si chiama comunemente in Firenze il giardino del Serenissimo Granduca. In una delle
collinette si mantiene una ghiacciata per conservar quei vini che si tengono la State
nella grotta incavata sotto di essa ghiacciaia." (Redi)
- nota 158 - alti picchi: il picchiare insistente e
continuato; - mazzapicchi: martelli di legno che servivano per cerchiare le botti
- nota 159 - infragnetelo: infrangetelo, rendetelo a
pezzettini minutissimi
- nota 160- mortoassetato: morto di sete
- nota 161 - insacco: lo stomaco è detto anche sacco,
per cui insaccare significa mandar giù nello stomaco
- nota 162 - gotto: bicchiere, parola d'origine
veneziana
- nota 163 - Arlotto: uomo vile e sporco, che mangia e
beve smodatamente, sciocco; un tal fiorentino Arlotto Mainardi, pievano di San Cresci a
Macinoli, era celebre nel Seicento per il suo ingegno arguto e bizzarro
- nota 164 - ebbe le grazie: le tre Grazie, seguaci di
Venere e compagne delle Muse, rappresentate mentre si tengono nude per le mani
- nota 165 - vibrò i suoi detti in fulmine conversi:
vibrò i suoi pensieri convertiti in fulmini
- nota 166 - Anacreontico: che scrive poesie seguendo il
poeta greco Anacreonte
- nota 167 - Menzin: nato a Firenze nel 1646 e morto a
Roma nel 1704, Benedetto Menzini era di umili origini e potè studiare grazie
all'interessamento del Marchese Salviati; dopo essere stato ordinato prete, divenne col
passare degli anni sempre più feroce e sarcastico contro i suoi avversari; interessanti
le Satire, violenta polemica contro i vizi del secolo (avarizia,, invidia, ipocrisia) e le
Rime; - Febea ghirlanda: ghirlanda data ai poeti che hanno raggiunto una certa
celebrità, in nome di Febo, altro appellativo di Apollo, il dio radioso del Sole, della
luce e dell'arte, della poesia e della divinazione - Apollo era figlio di Zeus e Leto
(Latona)
- nota 168 - fiele: simbolicamente per astio, odio; - atra:
nera, nel significato di disgustosa
- nota 169 - ostica: dal latino hostis: nemico
- nota 170 - Pindo: catena di monti della Tessaglia,
regione occidentale della Grecia, fra i quali spiccano il Parnaso e l'Elicona, sacri ad
Apollo e alle Muse
- nota 171 - Filicaia: Filicaia Vincenzo (1642-1707),
poeta celebre presso i suoi contemporanei, che la critica dalla seconda metà
dell'Ottocento ha molto ridimensionato; autore dei celebri Sonetti all'Italia. Si racconta
che Murat durante l'occupazione francese dei primi dell'Ottocento, volesse far arrestare
il Filicaia, di cui girava fra gli italiani il primo sonetto, patriota e pericoloso: ma il
Filicaia era morto da un secolo
- nota 172 - Cètera: cetra, simbolo della poesia
- nota 173 - Cigni: il cigno è simbolo del poeta;
quindi: mi circondino altri poeti, oltre il Filicaia; - ebrifestosi: nelle edizioni
successive a quella del 1685 è scritto staccato: ebri festosi; festosi e gaudenti a causa
dell'ebbrezza
- nota 174 - Evoè: invocazione al dio Bacco (Dioniso),
ma anche acclamazione
- nota 175 - turba sì preclara: moltitudine di persone
celebri, detto in senso non dispregiativo, ma sicuramente ironico
- nota 176 - Regio Senato: allude all'Accademia della
Crusca, che come un Regio Senato decide sulle parole
- nota 177 - piato: decisione, sentenza
- nota 178 - Etrusche voci: parole toscane; - cribra:
vaglia (da cribrare=vagliare)
- nota 179 - la gran Maestra: la Crusca; - Regina:
la Crusca è la Regina del parlare italiano perché risolve tutti i dubbi sia di pronuncia
che di grafia e soprattutto di significato, cercando l'etimologia esatta delle parole e
suffragando le sue affermazioni con esempi tratti dalle opere degli autori famosi
- nota 180 - Segni: segretario dell'Accademia della
Crusca e, quindi, estensore dei verbali delle riunioni
- nota 181 - courier: parola francese in onore di
Régnier, corriere per la posta, per onorare il quale Redi avrebbe voluto inserire alcuni
versi scritti in francese; in una lettera del 1684, infatti, così il Redi scrive al
Régnier:
"Ancora (anche, ndr.) a me era saltato l'umore di far versi Franzesi:
A Monsieur Monsieur Régnier qu'avec sa vraie éloquence la nouvelle tost en die de la France à la grande Académie. |
Ma non m'è dato l'animo di tirar avanti";
questi versi in francese scompariranno nell'edizione definitiva
- nota 182 - Abbé Régnier: Régnier de Maret,
segretario dell'Accademia Francese (corrispondente alla nostra Crusca, di cui era anche
accademico onorario perché scriveva in versi toscani con tanta proprietà di linguaggio
da sembrare toscano, con la stessa facilità d'uso della lingua francese; era buon
conoscitore anche della lingua spagnola)
- nota 183 - dorè: francesismo: dorato; uno dei quattro
colori del vino: bianco, dorato porpora o sanguigno, nero
- nota 184 - Trebbio: villa posseduta dai Medici, in
Mugello; al tempo del Redi era di proprietà dei Padri della Congregazione di San Filippo
Neri
- nota 185 - molto a grè: francesismo, dal provenzale
grat, francese gré: gradisco molto
- nota 186 - di te: bevo alla tua salute, Toscano re dei
vini; la formula del brindisi era: Bene a Te, Bene a Me
- nota 187 - umore: vino in generale
- nota 188 - gran Cosmo: Cosimo III dei Medici, Granduca
di Toscana dal 1670 al 1723, successore di Ferdinando II
- nota 189 - eternità di gloria: elogio un po'
eccessivo delle doti di Cosimo, abulico e pigro Granduca
- nota 190 - senz'alcun velo: senza bisogno di essere
interpretati gli oracoli, le poesie che trattavano del futuro
- nota 191 - di grandi opre onusto: carico, ricco di
grandi opere
- nota 192 - volgendo il tergo a questa bassa mole:
volgendo le spalle (il tergo) alla terra e al peso della vita umana
- nota 193 - tralle Medicee stelle astro novello: è
antica credenza popolare e consuetudine poetica trasformare le anime dei personaggi
celebri in stelle; questo simbolo nel Seicento era particolarmente usato dai poeti
marinisti; in questo caso ai quattro satelliti di Giove scoperti da Galileo, se ne
aggiunge un quinto che è l'anima trasformata di Cosimo III
- nota 194 - e Giove stesso ... del tuo lume adorno:
lode iperbolica rivolta a Cosimo III: colla sua luce farà risplendere ancora di più lo
stesso Giove in tutto il cielo (etra)
- nota 195 - cembalo: strumento musicale antico formato
da un cerchio di legno su cui è tesa una cartapecora, circondato da sonagli e girelline
di ottone
- nota 196 - crotalo: specie di nacchere composte di due
piastre di rame
- nota 197 - Nebridi: le Baccanti, così dette perché
vestite di pelle di daino e cervi (detta nebris)
- nota 198 - Bassaridi: Baccanti, dette Bassaridi
perché indossavano a Bassara, città della Lidia, e nella Tracia, la bassara, una lunga
veste policroma; Bacco era detto anche Bassareo, derivato dal nome della città di Bassara
oltre che dalla veste bassara
- nota 199 - di quella porpora: vino dal colore caldo
rosso porpora
- nota 200 - Monterappoli: paesino 6 km a sud di Empoli,
sull'omonima collina
- nota 201 - Fauni: divinità campestri, seguaci di
Fauno o di Pan, che proteggevano il lavoro dei campi e più in generale le campagne
- nota 202 - serti di pampano: si intreccino ai capelli
corone fatte con pampini di vite
- nota 203 - nacchere: "due strumenti di rame in
foggia di due grandi pentole vestite di cuoio, e per di sopra nel largo della bocca
coperte con pelle da tamburo, e si suonano con due bacchette, battendo con esse
vicendevolmente a tempo or sopra l'uno, or sopra l'altro di questi strumenti, detti ora
Taballi, e presentemente timballi i quali autenticamente erano per lo più in uso tra'
Saracini." (Redi)
- nota 204 - trescando: ballando la tresca (v. nota
91)
- nota 205 - strambotti: breve poesia amorosa o
satirica, di origine popolare di 6 o 8 endecasillabi a rima alternata o baciata; - frottole:
vedi nota 156; - d'alto misterio: spesso le frottole erano di senso oscuro e
misterioso
- nota 206 - Menadi: altro nome delle Baccanti, con
allusione al loro smaniare, invasate da Bacco, in danze tumultuose e licenziose
- nota 207 - Egipani: lo stesso che satiri, fauni,
ritenuti figli di Pan e della ninfa Ega, concepiti come piccoli uomini molto villosi, con
corna e zampe caprine; il passo ed il saltare degli Egipani era imitato dagli antichi
coll'andare sui trampoli, imitatori che venivano chiamati grallatores pantomimi
- nota 208 - tengan bordone: i lieti Egipani
accompagnino coi loro movimenti i sermoni e i canti delle Menadi furiose, ebbre di vino
- nota 209 - Talabalacchi: strumenti che venivano
suonati in guerra dai Mori; - Tamburacci: "Il tamburaccio è un grande
strumento da suono alla Moresca simile di figura ad uno de' due timballi della cavalleria
alemanna, fatto di rame coperto di tamburo, e si suona con battervi sopra un pezzo di
canapo incatramato. Teria lo dicono i Mori in loro lingua; - sveglioni:
accrescitivo di sveglia, strumento da suonare usato dagli antichi; - colascioni:
strumenti musicali a due corde, talvolta tre, una vola molto in uso presso i Turchi, con
un manico assai lungo, che producevano un suono rauco
- nota 210 - forosette: contadinelle
- nota 211 - dabbuddà: strumento a corda che si suonava
con due bacchette che si battevano sulle corde stesse. Annota il Giacosa:
"Federico Nomi in una nota autografa all'esemplare del Ditirambo, ediz. del 1685,
regalatogli dall'autore, e posseduto dall'Ab. Sebastiano Lotti 'Dabbudà dicono li nostri
una pentola con una carta pecora ben tirata, a bocca alla quale è legato in mezzo un
bastone con capo grassetto, e questo dimenando in giù e in sù forma un suono, che pare
dica Dabbudà onde piglia il nome tale strumento da maschera'." Piero Giacosa,
Le più belle pagine di Fr. Redi, ed. Treves, Mi 1925, p. 172)
- nota 212 - bombababà: canzone molto in voga in
Firenze nel '600, cantata dai bevitori popolani
- nota 213 - grandavida ... trafelinsi: e per una grande
e avida sete respirino faticosamente, ansanti, come dopo una lunga corsa o un ballo
sfrenato
- nota 214 - versi 427-430: mottetti: composizione
poetica toscana di pochi versi (normalmente da due a 5) contenente un solo concetto
fondamentale; cobbole: dal provenzale cobla, significa semplicemente componimento
lirico, della lunghezza di una stanza (10-15 vv.); - sonetti: composizione poetica
composta generalmente da due quartine e due terzine per un totale di 14 versi
endecasillabi (ma si trovano esempi con soli versi settenari); - cantici:
componimento lirico perlopiù di natura religiosa; - fiori: breve
"scherzo" in rima che si recitava durante le veglie o i balli del contado
fiorentino, e cominciava: Voi siete un bel fiore, a cui vien risposto: che fiore? Lo
scherzo era molto diffuso e la sua usanza antichissima: esempio in un libro scritto nel
1592, riportato dal Redi:
P. Voi siete un bel fiore. R. Che fiore? P. Un fior di mammoletta. R. Qualche mercede il mio servire aspetta. |
- nota 215 - Mammolo: era una specie d'uva rossa
notissima nel contado di Firenze e deriva da mamma, mammella e riprende il significato
più largo di bambino, fanciullo, giovanetto; - che colà imbottasi: che viene
messo nelle botti a Monterappoli
- nota 216 - salvatico: poco socievole, ma anche amante
della natura; - Magalotti: Conte Magalotti Lorenzo, di nobile famiglia fiorentina
(Roma 1637, Firenze 1712), di cultura enciclopedica, linguistica e letteraria, che godè
di notevole notorietà ai suoi tempi sia cone poeta dell'Arcadia che come autore di volumi
pseudoscientifici
- nota 217 - a quella stessa fonte: il Magalotti
"era solito nel solleone della grande estate portarsi ad una sua villa posta alle
falde del Mantisone, da cui sorge il fiumicello Antella, che dà il nome al paese ove
passa e sbocca nell'Ema." (Giacosa, op. cit.)"
- nota 218 - Esone: figlio di Creteo, padre di Giasone.
Quando fu decrepito ringiovanì per opera di Medea, secondo un desiderio espresso da
Giasone; - diè nome e fama al solitario monte: "Allude a Montisone, dove in
tempo di state fa la sua villeggiatura il signor Conte Lorenzo Magalotti, ed è una
montagnola, nella quale ha la sua sorgente il fiumicello Antella, che dà il suo nome al
paese, per lo quale passa fino a metter foce nell'Ema ." (Redi)
- nota 219 - nappo: coppa, bicchiere (grande come un
pozzo d'argento, secondo le parole del greco Ateneo, il cui contenuto è detto
pozzanghera)
- nota 220 - d'un vin sì forte: forte perché non
annacquato
- nota 221 - ch'appena il cape: che appena può essere
contenuto
- nota 222 - madre: le viti sono piantate sulla parte
scoscesa del colle sul quale è situata la cittadina di Fiesole, a 8 km da Firenze,
esposta a mezzogiorno; - Fiesolano Atlante: il colle su cui sorge Fiesole, dal
quale si gode di una bella vista su Firenze
- nota 223 - verso l'occhio del Sole il fianco innalza:
convincimento comune , già dall'antichità, è che i vigneti debbano essere piantati in
modo da essere esposti al sole il più a lungo possibile durante la giornata
- nota 224 - Fiesole: bellissima cittadina presso
Firenze, fondata, secondo la leggenda, da Atlante, come racconta Boccaccio nel Ninfale
fiesolano
- nota 225 - Salviati: Salviati Lionardo (Firenze,
1540-1589), accademico della Crusca col nomignolo di Infarinato, ebbe molta parte nella
messa a punto dei criteri che avrebbero guidato la compilazione del Vocabolario degli
Accademici della Crusca; la famiglia Salviati aveva sotto Maiano una villa detta il
Salviatino; - Maiano: bellissima località dei dintorni di Firenze
- nota 226 - Val di Marina: fra la valle della Sieve e
quella del Bisenzio; - Val di Botte: in una valle presso Empoli, possesso dei Padri
Gesuiti del Collegio di Firenze al tempo del Redi
- nota 227 - Salvin: "Il sig. Anton Maria Salvini
gentiluomo fiorentino, Lettore della lingua greca nello Studio di Firenze, oltre a una
vasta e recondita erudizione, possiede (conosce ndr.) ancora le più diffuse lingue
d'Europa." (Redi)
- nota 228 - Maggi: (1630-1699) ingegno precocissimo (a
diciannove anni era già dottore in lettere); nel 1661 diviene segretario del senato
milanese e in seguito professore di eloquenza latina e greca nelle scuole palatine e
sovrintendente all'Università di Pavia. Tutta la cronaca della vita lombarda della
seconda metà del Seicento è piena di elogi per lui esaltandone la dottrina e la
garbatezza di gentiluomo. "Il sig. Carlo Maria Maggi segretario del Senato di Milano,
Professore di Lettere Greche nello Studio di quella città, Poeta celeberrimo del nostro
secolo, e mio riveritissimo amico": così lo presenta il Redi; aveva scritto
anche in dialetto milanese, fondando in pratica la tradizione della poesia dialettale,
creando il personaggio di Meneghino, che denota una robusta e realistica ispirazione
poetica. In una lettera a Lorenzo Magalotti del 29/12/1684 (op.cit., vol. VII, pag.
180) così scriveva: "L'amicizia che passa tra il sig. Maggi, e me, nacque dall'aver
egli fatto un sonetto sopra il mio Ritratto in tempo, che né meno io lo conosceva.
Sicchè mi correva questo debito. Sono stato stimolato a pagarlo. Un pover'uomo, come sono
io, non ha trovato miglior modo, che nominarlo nel Ditirambo".
- nota 229 - Ippocrene: famosa fontana del monte
Elicona, nella Beozia, scaturita per effetto d'un calcio del cavallo Pegaso; era sacra ad
Apollo e alle Muse e si credeva che le sue acque infondessero ispirazione divina
- nota 230 - menzognero liquore mai non bebbe: mai bevve
acqua, liquore menzognero, ma sempre vino, liquore della verità
- nota 231 - Parnaso: monte dell'Antica Focide, regione
greca a nord di Atene, sacro ad Apollo e alle Muse, oltre che allo stesso Dioniso-Bacco; i
mitografi raccontano che sulla sua cima si fermò la barca di Deucalione alla fine del
diluvio da questi scatenato
- nota 232 - serti profani all'onorata fronte: non ebbe
come poeta corone poetiche di scarso valore, ma riconoscimenti generali e grandi onori
(ricordiamo tra gli altri gli elogi del Muratori)
- nota 233 - altre strade egli corse: il Redi allude
alla produzione in dialetto milanese del Maggi (raccolte nel volume Poesie milanesi),
con la quale il poeta aprì nuove vie verso il cielo (etra) della poesia
- nota 234 - Lesmo: deliziosa villa del Maggi nelle
vicinanze di Milano, nella cittadina di Cislago, oltre Saronno, dove aveva un vigneto che
produceva un discreto vino, ma poco forte
- nota 235 - con le gote di mosto e tinte e piene: con
le gote, piene e grassottelle, dipinte di color rosso scuro come il mosto: in questo modo,
con le gote rosse e come tinte, era rappresentato Bacco, che presiede ai bagordi e
all'ubriachezza, mentre i Satiri (la greggia di Bacco) sono ritratti vermigli in viso,
e così smascellantisi per le risa, che tutti i denti si potrebbero lor trarre.
- nota 236 - "Il sig. Francesco de Lemene, gentiluomo
lodigiano, e celebre poeta del nostro secolo, come chiaramente, fra l'altre sue nobili
Opere, fa conoscere il libro intitolato Iddio in Milano l'anno 1684" (Redi).
- nota 237 - Paladino Macaron: personaggio d'un poema
del Maggi in onore della nobiltà e discendenza dei Maccaroni (Giacosa)
- nota 238 - Narciso: Figlio del fiume Cefiso e della
Ninfa Liriope, era bellissimo ma inaccessibile al sentimento amoroso; amato dalla Ninfa
Eco, che si uccise per il dolore per essere stata respinta; un'altra Ninfa, ugualmente
innamorata e respinta, pregò Nemesi di punirlo e la dea lo fece stoltamente innamorare di
se stesso, tanto che egli stava continuamente a mirare la sua immagine riflessa nell'acqua
delle fonti e dei fiumi; un giorno, essendosi chinato troppo a guardare la sua immagine,
cadde nella foce e annegò; - forsennati: amori forsennati, folli, sia delle due
ninfe che dello stesso Narciso, terminati tragicamente nella follia della morte
- nota 239 - rovere: albero delle cupulifere, dalla
grande cupola, particolarmente adatto nelle calde giornate estive a proteggere dal sole
- nota 240 - zufolo: strumento a fiato primitivo, fatta
con una canna tagliata ad un capo in modo trasversale e con alcuni buchi per regolare le
varie note; - spippola: dire con franchezza i propri sentimenti; letteralmente
significa: staccare gli acini o semi ad uno ad uno del granturco
- nota 241 - egloghe: componimenti poetici con contenuto
e personaggi del mondo pastorale
- nota 242 - purpureo liquor: un vino locale che gli
abitanti del posto chiamavano Pignuolo, dai quali è ritenuto fra i migliori vini
esistenti; - bel colle: "La collina di San Colombano nel territorio di Lodi
abbondantissima di ogni sorta di frutti, ed in spezie d'uva e di fichi, dove il sig.
Francesco de Lemene si ritira in autunno. Quivi, tra gli altri vini, se ne fa uno rosso,
il quale dai paesani si chiama Pignuolo, e per la soavità e per la generosità è creduto
poter stare a tavola ritonda con ogni altro vino d'Italia."; - cui bacia il Lambro
il piede: il colle di S. Colombano ha le falde bagnate dal Lambro che attraversa il
paese; il Lambro è un celebre fiume del milanese (Redi)
- nota 243 - Colombano: monaco irlandese, protetto da
Agilulfo e Teodolinda, che secondo la tradizione abbia sostato in questa località nel suo
viaggio verso Bobbio dove, all'inizio del sec. VII fondò il famoso monastero
- nota 244 - sposate sono invece d'olmi a' fichi: le
viti sono piantate vicino agli alberi di fichi anziché di olmi, ai cui rami si reggono i
tralci
- nota 245 - Pietrafitta: località nei pressi di
Castellina in Chianti, a una ventina di km da Poggibonsi, patria della Vernaccia insieme a
San Gimignano
- nota 246 - e per pena sempre ingozzi: era uso
scherzoso condannare alla pena di bere vino di scarso pregio (a volte addirittura
miscelato talvolta con aceto e sale); è rimasta celebre negli annali della fine del
Cinquecento "La sentenza data dal Collegio degli Osti in Firenze contro agli Accademici
della Crusca l'anno 1593, in occasione dell0 'stravizzo' di quell'anno; il Collegio
risolse e sentenziò dopo lunghe dispute, riepilogate più d'una volta tutte le cose
che mai a niuno di nostra brigata, che capitasse loro alle mani, non fosse dato altro
vino, che di quello delle cinque Terre, e si cercasse anco del peggiore, e che sapesse di
botte, di secco, di muffa, di leno, di cuoio, di marcorella; e fosse ribollito, e
cercòne, e più fiorito che aprile e maggio - Brozzi, / di Quaracchi e di Peretola:
queste tre località, insieme a quelle di S. Donnino e di Lecore (v. nota n. 53)
erano dette le cinque terre di Toscana, note per la produzione di vini cattivi e di nessun
pregio, da non confondere con le Cinque Terre di La Spezia (del genovesato), note per la
produzione di vini molto preziosi ;
- nota 247 - coronato sia di bietola: per scherno,
essendo la bietola insipida e dolciastra, e quindi un po' il simbolo degli sciocchi
- nota 248 - Sileno: Sileno: vecchio Satiro che era il
balio e il compagno di Bacco e veniva rappresentato a cavallo di un asino, con un corpo
molto grasso e con in testa una corona di edera o di tralci di vite, bruttissimo e
ridente, sempre ubriaco; si stabilì nell'Arcadia dopo aver seguito Bacco nella conquista
dell'India e fu molto amato da pastori e pastorelle del luogo - Come padre dei Sileni o
Satiri era chiamato Pappasileno; a lui fu dedicato un Tempio benché fosse mortale; - a
bisdosso: all'indietro e senza sella, era il modo di cavalcare di Sileno
- nota 249 - orribile bestemmia: in questo caso
significa biasimo, maledizione, quasi una condanna (servire da gioco ai fanciulli plebei
legati in luogo vergognoso, lontano dai banchetti) inflitta al tempo della vendemmia,
tempo di libertà presso gli antichi, cui doveva essere condannato chi non amava la
Vernaccia ma i pessimi vini citati
- nota 250 - Antinoro: gli Antinori erano una nobile
famiglia fiorentina; - d'Antinoro ... dalle rose il nome: "Le Rose sono una
collina vaghissima a poca distanza da Firenze, sulla via per Roma: vi erano al tempo del
Redi, e vi sono tuttora, possessi della fiorentina nobil famiglia degli Antinori" (Giacosa)
- nota 251 - Canaiuol: varietà di vitigno che produce
uva da vino rosso, dagli acini neroviolacei di sapore leggermente acidulo -
nota 252 - paraggi: paragone: che vince il paragone con ogni altro vino;
il Redi fa riferimento a una dissertazione sulla storia di San Luigi del Du Fresne,
che scrive che i cavalieri di paraggio esser quelli, che sono di gran parentado, e
posseggono nobiltà di sangue e di schiatta... Uomo di alto paraggio, e di basso paraggio
prova non essere altro se non uomo di alto o di piccolo affare; di alta, o di bassa
nascita (Redi); allo stesso modo intendiamo come di gran pregio i vini di alto
paraggio
- nota 253 - Pan: dio delle selve e dei pascoli, dei
pastori e delle greggi, figlio di Zeus e di Penelope secondo alcuni, di Ermes e della
ninfa Callisto, nacque già perfettamente sviluppato, con aspetto di satiro, mezzo uomo e
mezzo caprone, appunto capribarbicornipede, cioè dotato di corna e barba, e di piede
caprino; - capribarbicornipede famiglia: ci accompagni nelle danze e nei canti la
famiglia di satiri che somiglia al dio Pan con la barbetta, le corna e i piedi di capra;
"di queste composizioni di parole bizzarre e capricciose convenienti a materia
comica e ditirambica se ne leggono presso gli antichi Latini (vedi Plauto nel Miles
gloriosus) imitando i comici greci"
- nota 254 - vin polputo: vino puro e forte
- nota 255 - poco muschio ed ambra: per ricomprare cose
inutili (muschio ed ambra): è grave, come fa il Cavalier dall'Ambra, vendere vino buono
per comprare muschio ed ambra, vendere vino per acquistare semplici odori
- nota 256 - s'è fitto in umore: si è fissato nella
decisione di trovare
- nota 257 - che sia più grato: gradevole
- nota 258 - guanciali: particolari guanciali che
venivano riempiti di erbe aromatiche e di profumi; - profumiere: contenitori di
profumi; - cunziere: qualsiasi vaso che può contenere la cunzia preparata con
odori per profumare le stanze, dalla forma di catinella di cristallo o di porcellana.
Cunzia è parola castigliana ed è una specie di giunco di radice lunga e odorosa, molto
nota agli intenditori di erbe
- nota 259 - polvigli: polvere finissima; anche
guancialetto ripieno di spigo, pianticella odorosa da cui si estrae l'essenza di lavanda
- nota 260 - Tolù: città dell'America meridionale,
famosa per il balsamo che da essa arrivava in Europa, estratto per incisione della scorza
di un albero che si assomiglia al pino (Piero Giacosa); - Perù ... Tolù:
nomi di sapore fantastico più che geografico
- nota 261 - Ambra: località in provincia di Arezzo
- nota 262 - Celàbro: voce antica: cervello
- nota 263 - Pumino: terra della valle inferiore della
Sieve, rinomata per il suo vino (Giacosa, op.cit.,p.172); - Affricogno:
di sapore aspro, da afro; come da verde si forma verdognolo e verdigmo, così da afro si
forma africogno; da affro, affricogno; l'afrezza è il sapore di afro
- nota 264 - star a tavola ritonda: aver l'onore di
essere presentato sulla tavola di nobili personaggi; la tavola ritonda è un'espressione
che si collega ai Cavalieri di re Artù della Tavola Rotonda
- nota 265 - ne favello: ne parlo emanando una sentenza
senza appello; - ma ben pria di favellarne: ma ancor prima di parlarne
- nota 266 - Gualfonda: strada di Firenze, oggi
Valfonda, nella parte bassa della città (rispetto alla parte alta del giardino di
Boboli), in periferia ai tempi del Redi, oggi nella zona della stazione di S.M. Novella,
dove aveva un bellissimo palazzo con giardino la famiglia Riccardi
- nota 267 - Vermiglio: vino di Gualfonda di buon
sapore, anche se coltivato nella parte bassa della vallata, che poteva rivaleggiare col
Piropo di Mezzomonte, coltivato in collina assolata; - Mezzomonte: nome della
parrocchia situata su un'amena collina circa 5 km a sud di Firenze, dove la nobile
famiglia dei Corsini aveva una villa e una fattoria e vi si produceva un vino chiamato
Piropo
- nota 268 - Rubino: vino che si produce in Valdarno; - Valdarno:
valle del fiume Arno tra Arezzo e Firenze
- nota 269 - mammoletta / ... verde: il Rubino ha un
odore più buono, più forte e gradevole della verde mammoletta quando spunta tra le erbe
- nota 270 - Permesso: come Parnaso, monte delle Muse;
il vino è detto cavallo del Poeta perché solleva le menti degli uomini
- nota 271 - gareggiar con Febo: gareggiare con
Febo-Apollo: "il vino mette un cieco amore di loro stessi negli uomini, e gli rende
vantatori più assai del dovere ." (Redi)
- nota 272 - d'alto furore: invasato dall'ispirazione
data dall'ebbrezza causata dal vino, che mette negli uomini un cieco amore di se stessi,
rendendoli vanitosi e portandoli a vantarsi più di quanto valgono
- nota 273 - e più grati: i miei versi saranno più
dolci e gratificanti del vino di Gersolè; - Gersolè: "San Gersolè è una
villa poche miglia lontana da Firenze in vicinanza dell'Impruneta, ed è così detta dal
nome della chiesa della stessa villa, che è intitolata san Giovanni in Gerusalemme di
padronato della nobile famiglia de' Gherardini." (Redi) - il nome deriva da
una deformazione dialettale e popolare del nome di Gerusalemme
- nota 274 - ghironda: strumento musicale che si suona
facendo girare una ruota, per cui da girare è derivato ghironda, poco in uso già nel
Seicento; - cennamella: strumento musicale che si suona colla bocca. In alcuni
luoghi della Toscana, in particolare tra gli aretini, si chiamava Ciaramella
- nota 275 - almo liquore: il vino, che è creduto il
veleno-antidoto di molti mali e affanni della vita
- nota 276 - Gradivo: uno dei soprannomi che i Romani
davano a Marte quale dio favorevole all'agricoltura (secondo alcuni da grandire, crescere;
secondo altri da gradior, camminare); - egidarmato: armato di scudo
- nota 277 - fanciullo faretrato: Eros (nella mitologia
romana Cupido, figlio di Giove e di Venere), nella mitologia greca figlio di Ares (Marte)
e di Venere, armato di frecce contenute in una faretra, per colpire i cuori d'amorosa
passione; - infernifoca: riscalda il mio cuore con un fuoco caldo come quello
dell'inferno, fa diventare il mio cuore un inferno di fuoco
- nota 278 - già nel bagno d'un bicchiere: espresione
nata dalla fantasia di Ronsard, che, per fare una lode al proprio bicchiere, dice che
Bacco sia stato lavato in un bicchiere aubito dopo la nascita, ancora intriso di sangue e
della polvere celeste provocata dai lampi e dai fulmini di Giove, dai quali fu colpita la
madre Semele mentre lo partoriva; da quel tempo, essendo rimasta nel bicchiere qualche
divina scintilla, il vino mette nell'uomo un inestinguibile desiderio di bere e
un'ebbrezza tutta particolare
- nota 279 - cavalier sempre bagnato: allude
all'antichissima milizia dei Cavalieri Bagnati; ma in questo caso parodisticamente allude
all'abitudine del bere vino fino a ubriacarsi, ad essere tutto e sempre bagnato di vino;
un parente di Lorenzo Magalotti era stato nominato Cavalier Bagnato
- nota 280 - potrò seder col mio gran padre a mensa:
"Un antico costume dei Longobardi non permetteva, che i figliuoli del Re si
trovassero a mensa col padre, se prima non erano stati armati cavalieri, perché solo
questi potevano essere ammessi alla tavola del Re" (Redi)
- nota 281 - Falerno, Tolfa: rinomati vini del
napoletano; - lacrima: particolari vini rossi della zona di Napoli, e del Vesuvio
in particolare, detti popolanamente lacrime (ricordiamo il moderno lacrima Christi
- nota 282 - vetri: genericamente per bicchieri; - Verdea:
celebre vino, nel Seicento, della collinetta di Arcetri, oggi alla periferia sud di
Firenze; la Verdea, vino d'uva bianca, così detta perché il suo colore tende al verde,
diversa dai vini verdetti, dal sapore secco e quasi brusco (ricordiamo il moderno celebre
verdicchio)
- nota 283 - Lappeggio: villa di Francesco Maria di
Toscana, sulla via per le colline del Chianti, rinomata per le differenti qualità dei
vini che si producevano nelle sue terre per la diversità dei vitigni secondo le usanze
delle nazioni da cui i vitigni erano stati importati
- nota 284 - Mezzograppolo: vino fatto togliendo la
parte bassa del grappolo, meno matura della parte superiore; - alla Franzese: modo
tipico di vinificare: allude ai vini briosi e spumeggianti precedenti lo champagne (metodo
champenoise); - rincappellato: si dice rincappellato il vino vecchio che viene
ringiovanito quando viene gettato sulla vinaccia nuova e torchiato insieme a questa; - soleggiato:
modo particolare di fare vino bianco: un mese prima della vendemmia si torcevano i tralci
pieni di grappoli fino a spezzare il flusso della linfa e si toglievano le foglie
lasciando l'uva al sole; una volta vendemmiata l'uva veniva posta al sole ad asciugare
fino all'appassimento; l'uva appassita veniva tolta dal sole e ammassata nei tini nel
momento di maggior calore del giorno e pigiata il mattino seguente
- nota 285 - trincanniamo: formato dai verbi trincare e
tracannare; - a guerra rotta: senza misura o regola, smoderatamente; - Rullato:
particolare lavorazione: vino derivato dalla schiacciatura dell'uva senza la torchiatura;
- alla sciotta: senza fine (forse dal francese chott: lago senza sponde); vino
lavorato con odori particolari
- nota 286 - gozzovigliando, gavazzando: mangiare e bere
senza misura; - imbotta: letteralmente significa mettere vino nella botte, qui
significa: tracannare quanto più vino si può
- nota 287 - lui: riferito, in via eccezionale, a vino;
intendiamo: per colpa del vino; - spranghetta: "Aver la spranghetta si dice di
coloro, i quali avendo soverchiamente bevuto, sentono gravezza, o dolore di testa nello
svegliarsi la mattina seguente dal sonno. Così fatta spranghetta viene disegnata da
Plinio quando parla de' vini Pompeiani del Regno di Napoli" (Redi)
- nota 288 - l'anatomico Bellini: Lorenzo Bellini,
lettore di Notomia nell'Università di Pisa, e celebre per le sue opere di Anatomia e
Medicina; - notomia: scienza che per via della dissezione studia la struttura del
corpo umano o animale
- nota 289 - Chianti: la zona del Chianti è racchiusa
nel triangolo tra Impruneta, Poggibonsi e Montevarchi a sud di Firenze, mentre i monti del
Chianti si trovano a est di Montevarchi e hanno come centro la badia di Coltibuono; la
zona si trova parte nella prov. di Firenze e parte in quella di Siena
- nota 290 - vite bassa e non broncone: la vite bassa è
coltivata specificamente per la produzione di uve scelte da tavola e da vino; il broncone
è la vite coltivata per la quantità (viene potata infatti lasciando sul ramo parecchie
gemme anziché due sole come nella vite bassa) a dispetto della qualità
- nota 291 - villanzone: abitante di campagna zotico,
villano e senza quel minimo di educazione che comincia a farlo essere uomo
- nota 292 - maritolla ad un broncone: ha potato la vite
legandola a un broncone, a un grosso ramo non ripulito, che non ha la forma del palo: è
indice di disordine
- nota 293 - decrepito: vino stravecchio, che diventa maestoso
/ imperioso: pieno di maestà e superiore agli altri perché più buono e scaccia dal
cuore ogni affanno
- nota 294 - Giara: vaso di cristallo, senza piede e con
due manici, che serviva per bere; dallo spagnolo iarra. Veramente il vino non si sarebbe
potuto bere da una giara, perché questa era fabbricata per contenere soltanto acqua ed
era molto grande; ma gli ubriaconi non fanno differenza tra bicchiere, giara, boccale,
fiasca, ecc.
- nota 295 - Carmignano: vino dal nome della località
situata a 15 km circa da Prato
- nota 296 - ch'ambrosia e nettar non invidio:
"Paolo Silenziario nel secondo libro dell'Antologia in proposito del vino assicura a
dire, che gli piace tanto, che purché n'abbia sempre, lascia ad un altro l'ambrosia"
(Redi) e il nettare degli dei
- nota 297 - sassosissime: Già dall'antichità i
contadini sanno che le viti vanno piantate in terreni sassosi e soleggiati, meglio se
collinari per produrre uva di qualità e vino saporito e forte; celebre il proverbio
toscano: vino nel sasso, popone in terren grasso
- nota 298 - chiomazzurre Naiadi: ninfe d'acqua dolce
(laghi, fiumi, fonti, ecc.) rappresentate con la chioma azzurra, colore dell'acqua marina;
sono importune, moleste e fastidiose, a causa della loro predilezione per l'acqua
- nota 299 - versi 735/741 - acqua bianca: per la spuma
che si origine dal frangersi delle onde o dall'agitarsi in un bicchiere; - tònfani:
punti d'un fiume in cui l'acqua è più profonda; - sia bruna: nelle pozze del
fiume l'acqua sembra più scura fino ad essere nera; - me non invesca: non mi
invischia; - sciocca ed importuna: senza sapore, fastidiosa e molesta, perché
mette a soqquadro terra e cielo (inondazioni, ecc.); - riottosa: rissosa, indocile,
che non sa restare in limiti prestabiliti, perché sovente li abbatte
- nota 300 - ladro: usata soprattutto per far rima con
soqquadro, ma non priva di una sua logica intima: con la sua violenza l'acqua toglie la
pace agli uomini oltre che quella quantità di ricchezza che serve per rimettere tutto in
ordine come prima
- nota 301 - con sue nembose aspergini: con le sue
piogge abbondanti (spruzzi d'acqua dalle nuvole)
- nota 302 - vergini: ai fiori più delicati
- nota 303 - ondose scaturigini: l'onda della piena delle
inondazioni delle sorgenti e dei fiumi sono fonte di rovina per le costruzioni che di per
sé sarebbero perpetue
- nota 304 - Soldan: Sultano; - Mammalucchi:
milizie turche e circasse che tennero l'Egitto dal 1252 al 1517 (furono sterminati nel
1811 nella città del Cairo) - Ultimamente ha assunto valore e significato negativo;
mammalucco e il credulone un po' sciocco e goffo che crede a tutto
- nota 305 - si stucchi: si annoi, si stanchi di lodare
lo Spagnolo le acque del fiume Tago, uno dei fiumi più importanti della Spagna; nasce
dalla Sierra de Gredos e sfocia nell'Atlantico a Lisbona, attraversando il Portogallo
- nota 306 - ch'io per me non ne son vago: non me ne
importa niente perché non sono desideroso di acqua
- nota 307 - svellere: sradicare; - raperonzoli:
erba dei campi, selvatica, con radice simile a quella della rapa, ma più piccola; si
mangia in insalata; qui il suono e il significato nascosto ci porta verso una bonaria
presa in giro degli sciocchi (teste di rape o di raperonzoli) che bevono acqua, anziché
vino
- nota 308 - medicònzoli: medici di scarsa intelligenza
e preparazione, perché consigliano erbe, infusi e acqua, con la quale ogni mal pensan di
espellere, anziché la vera medicina, che è il vino; in questo caso il Redi, quale medico
di casa Medici, allude anche a se stesso, sempre magrissimo e asciutto, portato a
suggerire medicine semplici e naturali
- nota 309 - tondo: sciocco, poco intelligente; dice un
proverbio: chi nasce quadro non muore tondo
- nota 310 - Viviani: Vincenzo Viviani, Firenze
1622/1703, grande e celebre matematico del Seicento
- nota 311 - masnada: parola usata più per far rima con
vada che per la sua violenza; qui significa solo: compagnia dedita al vino, ai canti, alle
danze, ai divertimenti; - lungi sen vada: venga allontanata, buttata via
- nota 312 - bigoncia: recipiente di legno, a doghe,
senza coperchio, rotondo, più largo in cima che nel fondo, senza manici; - acconcia:
preparata, ripiena d'acqua
- nota 313 - cedrata, / di limoncello: due bevande, la
prima e con sciroppo di cedro, pianta delle rutacee che produce un frutto simile al
limone; la seconda con uno sciroppo tratto dal limone, ricco di acido citrico
- nota 314 - ostello: casa, abitazione, anche ritrovo
- nota 315 - aloscia: bibita di limone strizzato e
bollito nell'acqua con miele e spezie (pepe e chiodi di garofano); - candiero:
bevanda di vino o latte con tuorli d'uovo poco cotti, zucchero, nuschio, ambra gelsomino,
limoncini; - chero: chiedo; - sorbetti ... ambrati: il sorbetto è un succo
di frutta o di latte con uova, condito e congelato, da usare in estate; ambrati perché
insaporiti con ambra di cui acquistano l'odore
- nota 316 - sei volte l'anno: un proverbio latino dice:
semel in anno licet insanire, una volta all'anno è lecito impazzire; col vino, secondo
Bacco, diventa lecito sei volte all'anno impazzire, ma solo tra i bicchieri, bevendo vino
fino ad ubriacarsi e perdere la ragione - "Il Maestro Aldobrandino part. I
cap. 3 : Non dee l'uomo bere tanto, che divenga ebro, tutto sia ciò che molti filosofi
dicano, che esser ebro due volte il mese è santade, perciocchè dicono, che la forza del
vino distrugge le superfluitadi del corpo, e le purga per sudore e per orina." (Redi);
> - Io per me son nel caso: io mi trovo in questa condizione
- nota 317 - avallo questo, e poi quest'altro vaso:
"I Franzesi dicono avaller un verre. Della stessa formula si valsero i provenzali
antichi. Il Maestro Aldobrandino frequentemente costumò di servirsi del verbo avallare in
significato di bere, d'inghiottire, d'ingollare." (Redi); significa quindi:
bevo e m'ingollo questo e quest'altro bicchiere
- nota 318 - ghiado: ghiaccio, freddo polare; - m'imbacucco:
coprirsi il capo col bacucco, panno che copriva la testa e il volto, e s'usava soprattutto
nelle prigioni; per estensione: coprirsi il corpo; - zamberlucco: "&EGRAVE
una lunga e larga veste di panno colle maniche strette, la quale, invece di bavero, ha un
cappuccio così largo, che può coprire la testa, anco quando vi è il turbante de'
Turchi, o il carpacco de' Greci (sorta di berretto tondo, variante di colbacco, ndr): e se
ne servono i Turchi e i Greci portandolo sopra tutte l'altre vesti in tempo di freddo, o
di pioggia. I Turchi in lor lingua lo chiamano Iamurluk donde è nata la voce zamberlucco
degl'Italiani, che da poco in qua hanno cominciato ad usare una tal veste nella stagione
più fredda." (Redi)
- nota 319 - segaligno: dal corpo asciutto e magro
- nota 320 - strani capogiri: effetto del vino sia sul
fisico che sulla capacità di parola
- nota 321 - "Lascio la terra e mi salvo nel mare:
Fa qui a proposito la storia raccontata da Timeo di Tormina, e riferita da Ateneo nel lib.
I di coloro nella città de Gergenti (Agrigento, ndr) in Sicilia, che per l'ubbriachezza
impazziti, gittavano dalle finestre le robe della casa, credendo di essere in mare
pericolando, e perciò convenir far getto delle mercanzie onde la loro casa fu nominata
trieres come se noi dicessimo la nave, la galera." (Redi)
- nota 322 - Vara: da varare, mettere in mare, tirare il
naviglio dalla terra in acqua; - gondola: nel XVI secolo, ai tempi del Redi, la
gondola era la barca dogale veneziana a 12 remi (da non confondere con l'attuale gondola
veneziana, bislunga e sottile, con una copertura nel mezzo che si chiama felze a fondo
piatto e con prua e poppa rialzate e arcuate; - più capace, e ben fornita: più
grande, che può quindi contenere un maggior numero di persone e un maggior peso di
rifornimenti, per cui è ben fornita, cioè provvista del necessario e del superfluo
- nota 323 - cristallo ... ballo: la nave su cui si
trova Bacco ha la stessa delicatezza del cristallo, ma è resistente e non teme (non
pave) le tempeste (il ballo) del mare capriccioso
- nota 324 - gir: andare; me ne voglio andare per
gentile divertimento (diporto); - conforme: come son solito fare quando mi metto in
viaggio per divertimento voglio andare fino al porto di Brindisi
- nota 325 - carca: carica; - brindisevol merce:
di vino, coi quali bere e fare brindisi
- nota 326 - brindis: del XVI secolo: saluto augurale a
mensa bevendo, voce catalana dal ted. bringdir's, formula usata durante la bevuta (bevo
alla tua salute) e passato dai lanzichenecchi alle soldatesche spagnole; - Brindisi:
nella mente ubriaca di Bacco si confondono il brindisi e il porto di Brindisi in una
specie di gioco e divertimento
- nota 327 - "Oh bell'andare / Per barca in mare:
Finge Euripide, che al Ciclopo imbriacato da Ulisse pareva di andare per mare a sollazzo,
come una barchetta" (Redi)
- nota 328 - venticelli ... amorosette: freschi refoli
di brezza, che come danzatori (venticelli)e danzatrici (aurette) sul mare
senza onde o appena increspato (sull'azzurro pavimento), intrecciano (tesson)
danze d'amore
- nota 329 - mormorio dei tremuli cristalli: al
tintinnio dei bicchieri di cristallo, tremolanti durante la navigazione
- nota 330 - passavoga: comando dato a tutti i remi di
vogare contemporaneamente; - arranca: camminare strascicato e faticoso, come quello
di persone zoppe o stanche; si dice delle navi che scivolano sul mare lentamente anche
quando tutti i rematori remano: in particolare la nave di Bacco, i cui rematori possono
imprimere scarsa forza sui remi a causa della loro ubriachezza
- nota 331 - perché a me faccia il buon pro: perché il
brindisi mi sia favorevole e di buon augurio
- nota 332 - Ariannuccia, vaguccia, belluccia: questi
diminutivi sono già effetto del bere e mettono in evidenza il divertimento e la gioia
espressi attraversi il gioco dei suoni delle parole
- nota 333 - mandola: strumento musicale a cinque corde;
- cuccurucù: "Canzone così detta, perché in essa si replica molte volte la
voce del gallo; e cantando si fanno atti, e moti simili a quegli di esso gallo." (Redi)
- nota 334 - viola: strumento a corda che si suona con
l'arco, simile al violino ma dal manico più lungo
- nota 335 - tempesta fierissima: si scatenò un mare
una tempesta furibonda con tuoni terribili nell'aria nera; ma altrettanto terribile è la
tempesta scatenata dal vino in Bacco
- nota 336 - sbuffa: soffio impetuoso a intermittenza
del vento tempestoso carico di grandine; ha la stessa origine di bufera, buffone (vaso di
vetro soffiato panciuto dal collo lungo) e buffone (giullare), buffetto(colpo di un dito
che schiocca con un altro dito sulle gote gonfie) e buffetto (pezzetto di pane),
rabbuffare e rabbuffo, ecc.; - nembi: nuvole basse di colore scuro apportatrici di
tempeste e piogge persistenti
- nota 337 - reo periglio: pericolo portatore di
sciagura e di morte (l'affondamento della nave)
- nota 338 - ma già vinto ogni consiglio: ma vede che
ogni decisione che poteva essere presa per resistere alla tempesta e la stessa capacità
del nocchiero e dei marinai risulta vana
- nota 339 - veggio rotti ... s'infurian ... traversia:
vedo già rotti i remi e spezzate la sartie che reggono le vele, mentre infuriano sempre
più pericolosamente i venti tempestosi e il mare agitato dalla traversìa, dal vento di
forte intensità che, spirando dal largo in una direzione perpendicolare al lido o secondo
l'asse dell'apertura del golfo, agita col massimo di violenza le acque e può produrre i
danni maggiori (vedi il verso 13 del sonetto 272 del Canzoniere del Petrarca)
- nota 340 - spere: fasci di corde che si gettano a
poppa, dietro le navi, per rallentarne il corso e riequilibrarne la stabilità durante la
tempesta mentre si lascia andare la nave secondo il capriccio del vento; la parola ha la
stessa radice di speranza, e il gettar spere sembra essere l'ultima speranza dei marinai -
nelle navi vi era il cavo della speranza, canapo grossissimo conservato per gettar
l'ancora negli estremi bisogni - è possibile anche che derivi dal latino spirare,
avvolgere: i fasci delle funi erano infatti avvolte; - poppa: la parte posteriore
dei navigli, in cui si trovano il timone e la bandiera; - rintoppa: blocca, ferma,
poni un rimedio alla difficile situazione, rattoppa le vele stracciate; - marangone:
marinaio specializzato che poteva lavorare anche sott'acqua; - orcipoggia: t. mar.,
fune che serve a tirare la vela di poggia (corda che, legata al capo inferiore
dell'antenna, serve a tirare il cavo e l'antenna e la vela sottovento), che si trova tra
la vela di poggia e la vela di orza (l'orza è la corda che serve a tirare l'antenna e la
vela sopravvento); - artimone: vela latina che s'inalbera a poppa
- nota 341 - pratico: Bacco non è molto pratico di
navigazione, perché più pratico di vini; - rematico: nel senso di fastidioso,
strano, inusitato
- nota 342 - Sioni: combattimento tra due o venti
elementi che cozzando fra di loro sconvolgono il cielo, l'aria la terra e il mare facendo
affondare le navi; "Credono i marinari che il Sione non sia altro, che una guerra di
due, o di più venti d'uguale, o poco differente possanza tra loro, i quali urtandosi, e
raggirandosi in alto aggirano ancora le nuvole; quindi con esse nuvole calando in mare, e
raggirando l'acqua, e assorbendone molta, stimano, che il Sione vada crescendo e
rigonfiando, e che sia possente in quel ravvolgimento a far perire il vascello: Son da
vedersi l'opinioni de' Filosofi del nostro secolo: Delle ridicolose e vane superstizioni
costumate da' marinari per tagliare, come essi dicono, il Sione, sarà bello il tacere. (Redi)";
- chiostra: formata dalle nuvole
- nota 343 - lizza: anticamente era il recinto nel quale
avvenivano i tornei cavallereschi o i combattimenti; - ceruleo smalto: metafora che
indica il mare, ceruleo per il colore azzurro pallido e smalto per la durezza con cui
colpisce la nave e gli ostacoli in genere quando è in tempesta; - cavalli del mare:
"Cavalli in termine marinaresco si dice a que' gonfiamenti dell'onde, quando il mare
è in fortuna (tempesta, ndr), che con altro nome son chiamati marosi, fiotti di mare,
ecc., ed oggi più comunemente son detti cavalloni." (Redi); - giostra:
gara cavalleresca nella quale un cavaliere cercava di buttar giù da cavallo l'avversario
con la lancia; qui è detto dei marosi, o cavalloni, che si frangono l'uno contro l'altro;
mi mareggio: ondeggio insieme alle onde tempestose del mare
- nota 344 - siam tutti perduti: col doppio significato
di essere tutti ormai perduti sconfitti dalla tempesta marina e perduti perché preda
dell'ubriachezza
- nota 345 - getto ... delle merci mie vinose: getta nel
mare dalla nave le preziose merci, il vino, per alleggerirne il peso e salvare il
salvabile (cioè la vita); significa anche vomitare un po' del vino ingurgitato, per
sentirsi leggero; - più scarico: più leggero, dopo essersi liberato di parte del
vino ingozzato
- nota 346 - rimiro: già vedo, guardo; - per
apportar salute al legno infermo: ciò che può portare salvezza alla nave in balia
del mare e ferita dalla ferocia dei marosi
- nota 347 - oricrinite: dalle chiome d'oro, lucenti, che danno
un vivo bagliore; - Santermo: "Dicono i marinari, che nelle più spaventose
fortune (tempeste, ndr) di mare suole soventemente verso 'l fine di esse apparire una
certa luce, o splendore, il quale si posa sopra gli alberi, o sopra l'antenne, o sopra le
pale de' remi del navilio; e questo splendore è chiamato da essi marinari la luce di
Santermo, ovvero di Santelmo. Gli antichi greci e latini favoleggiando crederono, che
fossero le stelle di Castore e Polluce, e altresì di Elena. Alcuni de' moderni pensano,
che sia una esalazione spiccatasi dalla moltitudine degli uomini del vascello. Altri
dicono essere un genio buono, che annunzi il fine della tempesta. Altri un genio cattivo,
che, dando speranza e salute a' naviganti, brami d'essere adorato: Certuni s'immaginano,
che quel poco di barlume di luce, che al volgo stordito dalla paura par di vedere su gli
alberi e sull'antenne, sia un effetto dei raggi solari, che percuotono sull'antenne, o
sulle funi incatramate, nelle quali dopo la tempesta, soglion rimanere quasi sempre molte
bolle d'acqua, che a guisa di specchietti sono abili a rendere alcuni riflessi luminosi.
Cert'altri, ancorché abbian navigato tutto il tempo della lor vita, affermano non essersi
mai imbattuti a vedere così fatta cosa; e la credono un trovato del semplice e credulo
volgo, il che fa molto a proposito per confermar l'opinione dell'antico Metrodoro citata
da Plutarco nel 2 de Placit. I marinari cristiani, come che venerano per loro protettore
sant'Elmo vescovo Siciliano, tengono fede, che sia un soccorso del santo loro
protettore." (Redi)
- nota 348 - fiasche gravide di buon vini: l'ubriachezza
fa veder lucciole per lanterne: le due stelle di Santermo non sono che due fiasche di
vino, di quelle gettate magari poco prima in acqua; - acquetano: potenza divina del
vino: anche le tempeste furiose, dopo il sacrificio delle fiasche gettate in mare, si
acquietano, si calma l'ira del mare davanti al divino sacrificio
- nota 349 - nel lago del cor: espressione già usata da
Dante (Inf. I-20), la parte intima del cuore, dove abitano gli spiriti vitali
- nota 350 - ricciutelli: dal pelo riccio come quello
dei caproni;
- nota 351 - smisurato / sterminato calicione:
iperbolici accrescitivi: smisurato sterminato grande calice, bicchiere che va
restringendosi verso il fondo ed è fornito di un piede o base; - mignone: amico,
intimo, favorito, forse dall'antico germanico minna, amore, da cui i Francesi hanno
derivato mignon, il favorito, e mignonne, donna leggiadra e amata; la parola conserva un
fondo morale negativo
- nota 252 - s'arrisica: s'arrischia di bere ad un piccolo
bicchiere non prova niente, come chi vuole far la zuppa in un paniere, perché tutto il
liquido cola via prima di essere assaggiato
- nota 353 - Dionea: dedicata a Dione, figlia di Urano e
di Gea, considerata anche madre di Afrodite, è la dea dell'elemento umido, quindi anche
la protettrice del vino; - bottiglieria: cantina, luogo dove si raccolgono le
bottiglie; - raccetta: non riceve o accoglie
- nota 354 - gozzi strangolati: bicchieri dalla forma
strana, dal collo lungo e storto, strani come i bicchieri fatti a foggia, cioè a forma di
fossette; - arnesi: oggetti che possono essere usati solo dai malati, come i
bicchieretti, i gozzi le tazze basse, ecc.
- nota 355 - spase: tazze dai bordi bassi, quindi un po'
piatte (piatti spasi sono quelli che servono per le pietanze, la carne, il pesce, ecc.); -
caraffini: piccole caraffe, vaso di vetro dal corpo largo e dal collo lungo e
sottile; - buffoncini: piccoli bicchieri di vetro soffiato (diminutivo di buffone,
vaso di vetro); - zampilletti: oggetti da cui attraverso un tubo zampilla del
liquido, come le botti , e in questo caso le botticine, dalle quali zampilla il vino
mediante una cannuccia posta sulla parte bassa di uno dei lati; - borbottini:
recipienti di vetro a collo ricurvo con imboccatura stretta; da borbottare per il rumore
che fa il liquido uscendo; - trastulli: oggetti coi quali si divertono i bambini
- nota 356 - scarabattole: "Fogge di stipi, o
studioli trasparenti da una, o più parti, dove a guardia di cristalli si conservano tutti
i generi di minute miscee, cui la rarità, la ricchezza, o il lavoro rende care, preziose,
o stimabili: e sono per lo più arredi e gale per gli appartamenti delle dame, a
divertimento e trastullo delle quali pare, che fossero inventati in Ispagna, di dove ne
abbiamo ricevuta la moda. Diconsi in Castigliano escaparrates, dalla qual voce ebbe
origine tra noi, scarabattola e scarabattolo... Ne' tempi, che verranno, quest'etimologia
sarà forse stimata un sogno; e si vorrà credere che scarabattola abbia avuto origine
dalle minute bazzecole, o miscee, che per altro nome son chiamate carabattole." (Redi)
- nota 357 - pedine: "Son dette per ischerzo le
donne di bassa condizione, perché vanno a piede: o è tolta l'appellazione dal giuoco
della dama, e degli scacchi." (Redi)
- nota 358 - tonfano: un gran bicchiere è come un pozzo
d'argento
- nota 359 - manna: vino come nettare e ambrosia degli
dei o come manna caduta dal cielo
- nota 360 - oh come l'ugola e baciami, e mordemi:
"Sileno presso Euripide beve furtivamente il vino al Ciclope: il Ciclope se
n'avvede, e addrizzandosi a lui, gli dice:
Olà, che fai? cionchi di furti il vino? Sileno, mettendo la cattività in ischerzo, risponde Non io, signor, ma ben costui baciavami, perch'io cortese il guardo, e dolce il miro". (Redi) |
- disciogliemi: la dolcezza del vino discioglie gli occhi in lacrime quando lo
si beve
- nota 361 - strasecolo: accrescitivo di trasecolare,
essere fuori di sé per la meraviglia; - estatico: "Estatico in questo luogo
risponde al latino externatus, uscito fuor di se, il che è cagionato dalla violenza
dell'affetto dominante, o del piacere presente." (Redi); stato dell'animo
staccato dai sensi, prodotto in questo caso dall'ebbrezza causata dal vino; - in
visibilio: "la plebe fiorentina da invisibilium, parola del Simbolo Niceno, da
lei, siccome molt'altre, male intesa e storpiata, ha fatto invisibiliom, e poi, come se
fossero due parole, in visibilio. Onde andare in visibilio per andare in estasi quasi
strasecolato, cioè fuor di questo secolo, e nell'altro mondo. Ma non si userebbe se non
per ischerzo." (Redi)
- nota 362 - Lieo: soprannome di Dioniso-Bacco; vuol
dire 'senza affanni', o piuttosto 'colui che allontana gli affanni; così era chiamata
nell'antichità anche una bevanda sacrificale
- nota 363 - Bassareo: altro appellativo di
Dioniso/Bacco, derivante pare dal nome della lunga veste con la quale il dio veniva
raffigurata detta bassara
- nota 364 - Montepulciano: città in prov. di Siena, di
nobile aspetto e di impronta rinascimentale, in posizione panoramica su un'altura che
domina il sottostante piano della Chiana, celebre ancora oggi per la produzione di
pregiati vini; - Montepulciano d'ogni vino è il re: è la sentenza finale
dell'analisi dei quasi cinquecento vini nominati in questo ditirambo
- nota 365 - accenti: parole
- nota 366 - corimbo: frutto o infiorescenza a grappolo;
in particolare grappolo delle bacche d'edera
- nota 367 - vv 974-976: le festose Baccanti alternavano
i canti con le liete parole di Bacco con i capelli adorni di corone di foglie e di frutti
di edera
- nota 368 - a isonne: vale lo stesso che a ufo, cioè a
spese altrui
- nota 369 - sull'erbetta: i Satiri venivano
rappresentati dagli artisti solitamente sdraiati sull'erba addormentati profondamente
stanchi sia per il troppo vino bevuto che per le danze d'amore con le ninfe
- nota 370 - cotti: ubriachi; - monne:
"Monna coll'o stretto è lo stesso che scimmia, o bertuccia. Esser cotto come una
monna, pigliare la monna, che significano essere ubbriaco, e imbriacarsi, non solamente
son modi di dire usati da noi Toscani, ma ancora da altre nazioni" (Redi); la monna
aveva due effetti, uno di malinconia, l'altro di allegrezza